L’edizione odierna de “Il Fatto Quotidiano” si sofferma sui tanti scandali nello sport.
Campioni sì, ma di cosa? Di medaglie, e pure di abusi e soprusi, furbate, inchieste. Il 2022, come il 2021, è stato un anno record per lo sport azzurro. Il n.1 del Coni, Giovanni Malagò, lo celebra come eccellenza italiana e invoca a modello per la società. Ma lo stesso movimento che in campo fa incetta di successi, fuori cade a pezzi: su 47 federazioni – sempre più numerose, ingrassate dai soldi pubblici –, quasi non ce n’è una che si salvi, tra scandali e scandaletti, nessuno più che controlla, e anzi nemmeno ci prova. Prendiamo il calcio. Sport nazionale se ce n’è uno, non rappresenta il movimento solo perché sta messo peggio: le altre discipline almeno vincono, il pallone manco quello. La nazionale ha bucato il secondo mondiale di fila, il presidente Gabriele Gravina è rimasto in sella come un equilibrista, ma il terreno gli si sgretola sotto i piedi. La Serie C ha sfiduciato il suo storico capo Ghirelli. Gli arbitri sono stati travolti dallo scandalo del “procuratore-narcotrafficante ” Rosario D’Onofrio, che ha costretto alle dimissioni Trentalange. La Serie D pure era stata commissariata, per tenerla in piedi hanno dovuto riesumare il vecchio Giancarlo Abete.
Completa il quadro l’inchiesta sulle plusvalenze fittizie e gli stipendi paralleli della Juventus, che la Figc fin qui si è dimostrata inadeguata a perseguire, per lassismo, inettitudine o mancanza di strumenti. Scenario desolante, da fine impero. Le riforme sono una chimera, il sistema è in coma. Forse irreversibile. La cronaca è dominata dalla ginnastica artistica, passata dalla meraviglia delle “Farfalle” all’orrore per gli abusi denunciati dalle atlete. Gli inquirenti hanno sequestrato telefoni che potrebbero imbarazzare i vertici, non solo della disciplina. È indagata la dt della nazionale, Emanuela Maccarani, che continua a rappresentare gli allenatori in giunta Coni. Fin qui non ha avuto il buon gusto di fare un passo di lato, Malagò anzi l’ha difesa. I magistrati si sono occupati anche dei “rimborsi pazzi” del presidente dello sci nautico, Luciano Serafica: gratta e vinci, viaggi e cene stellate pagate, per l’accusa, con fondi federali. Indagato per peculato, si è autosospeso, la Federazione è in autogestione. Un po’ come il nuoto, fiore all’occhiello del movimento, ma decapitato: lo storico n.1 e deputato di Forza Italia, Paolo Barelli, è squalificato per due anni dalla Federazione mondiale per violazione di statuto e codice etico (la vecchia storia delle doppie fatture per i lavori dei Mondiali 2009 e il contratto degli ultimi Europei di Roma).
In attesa dei ricorsi (la condanna non è definitiva), Malagò si limita a gongolare per i guai del suo nemico. La FederNuoto va avanti come nulla fosse. In compenso, c’è chi ha un presidente che neppure dovrebbe avere. In FederSci, Flavio Rod a è riuscito impunemente a farsi rieleggere per la quarta volta: il limite fissato dallo Stato è tre. Il Coni ha approvato il regolamento che gli ha permesso di ricandidarsi, il tribunale federale ha dato ragione al presidente federale (sai che sorpresa), e alla fine il Collegio di garanzia se n’è lavato le mani. Il rugby è alle prese con un regolamento di conti interno, scatenato da un pasticcio sul tesseramento degli stranieri. Il procuratore che voleva processare il n.1 Marzio Innocenti è stato sospeso e l’inchiesta archiviata dal suo successore: l’ex avvocato del presidente. Così a dicembre mezza procura federale (legata alla vecchia gestione) si è dimessa per protesta.
L’atletica è paralizzata dalle lotte intestine che rallentano l’organizzazione degli Europei 2023. E il ciclismo ha dimenticato in fretta gli strani bonifici per le provvigioni degli sponsor, vicenda su cui il Coni non ha ritenuto di approfondire. E si può andare avanti all’infinito. Un autentico far-west, che richiede un giro di vite. Come togliere la giustizia sportiva dal controllo delle Federazioni. Ma nessuno fa nulla e lo sport è allo sbando. Il suo grande capo Malagò è sempre più preso dai Giochi, di potere e di Milano-Cortina, pure quelli un disastro. Da quando il governo gli ha tolto la gestione dei contributi pubblici, ha mollato le redini delle Federazioni, con un disinteresse interessato. Una delle tante deformazioni di una riforma rimasta a metà. La società statale Sport e salute è a metà del guado (del resto formalmente non ha la vigilanza). Governo non pervenuto: quando si è intromesso, è stato rimbalzato dalla proverbiale autonomia che lo sport interpreta come libertà di fare ciò che vuole. Vedremo cosa farà Andrea Abodi, ministro di un mondo con tanti potentati e nessun padrone, in cui tutto concesso perché vinciamo. Finché vinciamo.