Il concessionario di Messina Denaro: «Valutai la sua auto 10mila euro. Il giorno dell’arresto mi tremavano le gambe»

L’edizione odierna de “Il Corriere della Sera” si sofferma sull’arresto di Matteo Messina Denaro riportando le parole del concessionario.

Accendere la tv e riconoscere nelle immagini dell’ultimo boss stragista di Cosa nostra l’insospettabile cliente che, un anno prima, si era rivolto a lui per acquistare una macchina. Una vicenda che ha segnato profondamente Giovanni Tumminello, concessionario d’auto di Palermo da cui il boss Matteo Messina Denaro ha comprato l’auto con la quale negli ultimi mesi si spostava.

Quando ha capito che l’uomo che si era presentato nel suo autosalone era in realtà il capomafia trapanese? «Il 16 gennaio, data che non scorderò mai. Intorno alle 11, mentre lavoravo, ho visto la notizia dell’arresto del capomafia in tv. Quando hanno mostrato l’immagine della carta di identità e rivelato il nome falso che Messina Denaro usava, Andrea Bonafede, mi sono quasi sentito male. Sono andato dall’impiegato che lo aveva incontrato per primo. Ci siamo guardati e in un attimo ci siamo resi conto che l’anonimo cliente al quale, un anno fa, avevamo venduto una Giulietta, in realtà era un superlatitante. Ho continuato a lavorare, pur con grande inquietudine. Ma confesso che alla fine della giornata, in auto da solo, mi tremavano le gambe».

Come ricorda l’Andrea Bonafede che conobbe? «Un uomo normale. Entrò con occhiali e cappello, ma faceva freddo, era gennaio e non mi sembrò strano. Non era particolarmente elegante, né griffato. Ci propose la permuta con una Fiat 500 che, disse, apparteneva alla madre e chiese di vedere una Giulietta che aveva notato sul nostro sito. Fu tutto ordinario. Io valutai la sua macchina, che, tra parentesi, era pulitissima e tenuta benissimo: ricordo che profumava. Gli dissi che gli avrei dato 10mila euro. Lui acconsentì. I giorni dopo ci scambiammo dei messaggi su whatsapp. Un profilo comune il suo, senza foto. Poche parole, mi confermò l’interesse per la macchina».

Ma come è Messina Denaro? «Ricordo una persona gentile, educata. Gli regalai un tagliando, mi ringraziò. Volle che gli spiegassimo bene il funzionamento della Giulietta. Chiacchierammo un’oretta nella mia stanza (alla parete ci sono decine di calendari dei carabinieri ndr) in attesa che la macchina arrivasse in concessionaria. A me sembrò addirittura colto. Fece citazioni storiche, non ricordo a che proposito ma venne fuori Garibaldi, parlò anche di filosofia. Certi clienti si dilungano su cose personali o discutono di auto, lui no. Mi disse solo che da ragazzo aveva avuto una macchina sportiva potente».

Come avvenne il pagamento? «Il 10 gennaio mi fece un bonifico bancario con l’intera somma. Disse che l’intestataria del contratto doveva essere sua madre, ma che data l’età non poteva portarla a Palermo. Sbrigammo tutte le pratiche e, avuti i documenti, è andato via con la Giulietta».

È sempre venuto solo? «Sì».

Le è apparso guardingo, preoccupato? «Al contrario: mi è sembrato tranquillo, faceva battute, gli ho offerto il caffè. In questi giorni ho riguardato tutti i documenti che ho consegnato agli inquirenti con i quali, attraverso il mio avvocato, Giuseppe Seminara, mi sono messo in contatto appena ho capito chi fosse il cliente».

Cosa le ha lasciato questa esperienza? «Da una settimana non ho più una vita. Sono passato sui media da un fiancheggiatore di un capomafia, a quello che l’ha fatto arrestare. Ecco, quel che vorrei ora è riprendere un’esistenza normale. Non ho nulla da rimproverarmi. Era impossibile capire chi fosse. Messina Denaro sembrava davvero un uomo qualunque».