L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sul rilancio del calcio italiano in vista degli Europei del 2028 e 2032.
Il calcio italiano rilancia: richiesta di stadi riaperti al 100% dal secondo weekend di febbraio e candidatura del nostro Paese all’organizzazione dell’Europeo 2028 o 2032. L’attualità è quella legata agli stadi, che i club rivogliono accessibili senza più limitazioni legate alla capienza: è ciò che le società di A, e il presidente di Lega Paolo Dal Pino, torneranno a chiedere al governo Draghi nell’assemblea in presenza di oggi. Un’opzione che le società non considerano attuabile dalla ripresa dei campionati, ma subito dopo sì. Il derby di Milano sarà ancora vissuto a metà, con solo il 50% ammesso a San Siro. Stessa situazione per gli altri stadi italiani. Un passo avanti se si considera l’autoriduzione degli ultimi due turni, quando i club si erano imposti il limite delle 5mila presenze: un modo per dimostrarsi disponibili di fronte alle preoccupazioni del governo ed evitare il rischio porte chiuse.
Un danno economico pesante per le società che oggi, nella stessa occasione, torneranno a invocare aiuti. Colmare la perdita dei ricavi da stadio, riaprendo al 100% al pubblico, è un primo passo determinante, inserito anche nella lista di richieste annunciate dal presidente federale Gabriele Gravina. Quanto alle società, ne discuteranno oggi in assemblea e sarà poi Dal Pino a esprimere la volontà comune in una conferenza stampa alla fine dei lavori. L’obiettivo è adeguare le disposizioni degli stadi italiani a quanto avviene in altri ambiti: il teatro dell’Ariston aprirà per il Festival di Sanremo al massimo della capienza. Con le solite precauzioni: green pass rafforzato e mascherina Ffp2.
Candidature Intanto l’Italia si candiderà all’organizzazione dell’Europeo del 2028 o del 2032. Gravina ha sciolto ieri la riserva. «Lo step decisivo è marzo, prima dell’esecutivo Uefa del 22». Sarà il momento in cui l’Uefa raccoglierà tutte le candidature. A quel punto comincerà il percorso per giungere alla scelta, che riguarderà tutte e due le edizioni, così come accaduto al Cio per le Olimpiadi del 2024 e del 2028. «Valuteremo le due opzioni», dice Gravina. Che ha raccolto nelle ultime settimane diversi segnali positivi. Non a caso il presidente federale cita Firenze, dove c’è uno stanziamento dei Beni Culturali di 95 milioni per il rifacimento del Franchi; Bologna, dove viaggia il percorso privato-pubblico per la ristrutturazione del Dall’Ara; e Cagliari e Bari, dove si spera di poter agganciare per il San Nicola l’autobus dei fondi del Pnrr, che prevede un investimento di 700 milioni in impiantistica sportiva con risvolti “sociali”. Un «fermento», che naturalmente attraversa anche la situazione di Milano, «su tutto il tema delle infrastrutture». Insomma Europeo sì, Mondiale biennale no. Se Infantino ha parlato di una scelta a titolo di «solidarietà» verso le nazioni più povere, Gravina ribadisce: «I numeri studiati dalla Uefa sono chiari, il Mondiale biennale sarebbe un danno irreparabile. E la solidarietà si può garantire in altri modi senza intaccare il valore delle competizioni».
Il tavolo ci sarà D’altronde, proprio dopo l’estate si era immaginata una sorta di cabina di regia propedeutica alla scesa in campo dell’Italia nella corsa ai grandi eventi. E Valentina Vezzali, sottosegretaria allo Sport, aveva in qualche modo battezzato questo percorso, precisando però: «Se corriamo, corriamo per vincere». Il tema dei «tavoli» con il governo è sempre di attualità. Ieri Gravina ne ha parlato sul fronte ristori. Sia la Vezzali, sia il ministro dell’economia Daniele Franco, hanno detto sì alla sua richiesta: ci si vedrà relativamente presto (probabile la prossima settimana, varianti politiche permettendo). Il calcio, però, non si presenterà con il cappello in una mano e la lista della spesa dall’altro. Offrirà al governo un piano industriale fatto anche di contenimento di costi e di sostenibilità. Da una parte, dunque, la richiesta di raddoppiare il famoso prelievo sul «salva sport» (dallo 0,5 all’1 per cento sui 15 miliardi di scommesse sportive), le convenzioni/spalmature con l’Agenzia delle entrate e ovviamente il ritorno al 100 per 100 della capienza. Dall’altra, un giro di vite sulle licenze nazionali: l’indice di liquidità diventerà più severo (dallo 0,7 all’1 in quattro anni) e non sarà più una barriera da superare per poter operare sul mercato, ma addirittura per iscriversi al campionato, a partire già da giugno. Condito da due altri due parametri: i livelli di indebitamento e il rapporto ricavi/costo del lavoro. Insomma, caro governo, noi facciamo la nostra parte, ma tu fai la tua.