La prima volta fu vana, soltanto una questione di numeri e statistiche. Niente esultanza, palla sotto braccio e corsa verso il centrocampo, c’era poco da festeggiare sull’1-3. La seconda volta è più bella, più importante. Stilisticamente non bellissima da vedere, nessuno però ha avuto da ridire: è la giusta occasione per sviolinare sotto la curva. La terza volta è pesantissima, uno scacciafantasmi, un’esplosione di gioia e nervi tesissimi: corsa inarrestabile, maglia svolazzante, abbraccio collettivo. Alla fine il buon vecchio Gilardino sta iniziando a segnare, ogni volta in maniera sempre più decisiva, stavolta salvando il proprio allenatore.
E’ lento, è vero. Un po’ arrugginito, anche. Goffo, sì. Soprattutto non è Dybala. Attenzione, nessuno fraintenda, non è il curriculum di Gila che è messo in discussione: quello parla chiaro e non ha nulla a che vedere con quello della “Joya”, che al cospetto del numero 11 rosanero è davvero un “picciriddu”. E’ del modo di interpretare il ruolo dell’attaccante che si sta parlando. Paulino correva, svariava per tutto il fronte d’attacco, duettava con “El Mudo”, reggeva l’attacco senza troppi affanni, regalava spettacolo. Alberto è di tutt’altra pasta: attende, fa a spallate fra i difensori, cerca l’occasione giusta per colpire ma a Franco no, non può garantire ciò che invece gli garantiva il suo “gemello del gol”. Eppure Gilardino segna. Tre gol in dieci partite, sette da titolare. Non sono tanti, ma nemmeno pochi. Dybala, dopo dodici giornate tutte giocate dal primo minuto, ne aveva segnati quattro. Quindi…
Alberto Gilardino sta ritrovando settimana dopo settimana la forma migliore. E allo stesso tempo anche la via della rete. Se contro la Roma il suo timbro è finito solamente negli annali, i suoi sigilli contro Inter e Chievo sono valsi quattro punti. E chi se ne frega se questi arrivano di coscia, ad un metro dalla porta o di rimpallo. Gila in fondo è questo, lo si sapeva già. Al posto giusto nel momento giusto. Lui c’è la sta mettendo tutta per farsi trovare pronto e mettersi a disposizione dei compagni, con umiltà. Adesso è forse il caso che anche la squadra inizi a mettersi a disposizione nei suoi confronti, iniziando a giocare in una maniera più funzionale alle caratteristiche della sua unica punta in rosa. E’ scarso, è un brocco. E’ un “attarone”. Sarà, Gilardino intanto salva Iachini e mette un’altra salvezza, quella più importante, nel mirino…