Iervolino: «Fermiamo la A ma dal governo servono ristori»
L’edizione odierna de “La Repubblica” riporta un’intervista all'”ultimo arrivato” in serie A, Danilo Iervolino.
«Da quando sono entrato nel calcio, è tutto più veloce, un mondo accelerato, quello che ho fatto nella mia vita è come se non esistesse più». Danilo Iervolino parla con voce sicura, a poche ore dalla prima partita della Salernitana da quando, il 31 dicembre, l’ha rilevata per 10 milioni di euro salvandola dall’esclusione dal campionato. «L’idea di acquistare il club è nata il 30 dicembre, è figlia dell’amore per il territorio, sarebbe stato assurdo se una società così gloriosa fosse sparita per motivi burocratici, economici. Intervenire è stata una questione di coscienza».
Iervolino, nel calcio lei è temporalmente l’ultimo arrivato. Come è stato accolto a Salerno? «Accoglienza straordinaria: sui social e tutto il resto, ma aspetto l’accoglienza dello stadio. Non vedo l’ora di vivere la mia prima partita da presidente all’Arechi. Ma allo stesso tempo mi sento di dire che il calcio dovrebbe fermarsi».
Dice davvero? «Sì, darebbe un bellissimo esempio. Non c’è il rischio che la gente si allontani, ma ci sono altre priorità evidenti di cui bisognerebbe tenere conto».
Ad esempio? «Credo che bisognerebbe tenere più conto della ricaduta sociale che ha il calcio, dei valori di lealtà e fair play che dovrebbe trasmettere, invece ho l’impressione che nonostante sia un momento così delicato e grave, tutti tendano a non esporsi, a nicchiare».
Ecco, a proposito di impressioni: che mondo ha trovato? «L’impressione è che non sia un mondo coeso, non c’è una visione unitaria e prospettica di tutti gli operatori».
Ha una proposta per migliorare? «Avremmo bisogno di avere come mondo del calcio una voce forte e univoca che ci renderebbe più credibili nei confronti della politica. Non sono polemico, assolutamente, né verso la federazione né verso la Lega Serie A. Ma avremmo bisogno di una nuova cornice, che possiamo ottenere solo attraverso una concertazione che deve coinvolgere, al di là di tutto il mondo del calcio, anche la politica. Avremmo anche un potere contrattuale più forte in un tavolo col governo, altrimenti c’è il rischio che certe decisioni ci vengano imposte dall’alto».
Come ad esempio la chiusura degli stadi. «Il limite di cinquemila spettatori non ha molto senso. Il calcio con gli stadi vuoti non ha mai senso, ha senso solo se ci sono i tifosi».
E quindi ritiene che sia meglio fermarsi? «Fermarsi significa anche ricevere dei ristori. È fondamentale, perché il calcio è un’industria importantissima e quindi anche da questo punto di vista è importante che se necessario ci si possa fermare. Ma a condizioni chiare».
Un’ultima cosa: la Salernitana è ultima e ha raccolto solo 8 punti finora. Riuscirà a metterle a disposizione i mezzi per provare a salvarsi? «Aspetto che venga completato il passaggio di quote, poi mi muoverò per rafforzare la squadra. Vogliamo puntare alla salvezza, a prescindere dal momento di incertezza che viviamo. Ma un futuro la Salernitana lo avrà comunque: le incertezze del mondo intorno non mi condizioneranno».