Iemmello carica: «Catanzaro, possiamo andare in serie A! Assurdo il caos che c’è ora in B»

L’edizione odierna di Tuttosport si sofferma sul Catanzaro e riporta un’intervista a Iemmello.

A 31 anni mentre lo si valuta, ci si chiede ancora dove sia il filtro tra le sue immutate grandi potenzialità, i numeri che ha già messo sul campo e alcuni improvvisi scivoloni. Quale la sua reale consistenza, il suo spessore, i suoi confini? Se Roberto De Zerbi aveva visto in Pietro Iemmello un centravanti da Nazionale, e stiamo parlando di un allenatore che non ha avuto dubbi nel tagliar fuori dal Brighton uno come Trossard per problemi comportamentali (il belga è poi finito all’Arsenal), vuol dire che nel catanzarese c’è qualcosa di grande. Perchè non sia riuscito a diventare se non proprio il “9” azzurro almeno una punta in grado di mettere stabilmente le tende in Serie A, è nei misteri della Dea Eupalla. Oppure semplicemente è lui che deve interrogarsi, ed è ancora in tempo a farlo, su cosa ha sviato quella che sembrava una linea retta verso la gloria. Signori e signori ecco Pietro Iemmello, uomo da 148 gol in 347 partite tra i professionisti.

Da catanzarese cosa le ha dato riportare il Catanzaro in B 17 anni dopo ? È un po’ un segno del destino di una carriera che finora le ha tolto soddisfazioni che avrebbe meritato per il suo talento? «È stata un’emozione fantastica perché vincere è sempre bello ma farlo nella propria città non ha prezzo. Per tanti è difficile essere profeti in patria, per me può essere un segno del destino più che altro perché ho avuto la possibilità di ritornare a casa e di vincere subito. Il massimo per chi fa questo mestiere».

Quanti treni importanti pensa di aver perso nella sua carriera, in particolare al Sassuolo quando a 24 anni segnò 5 gol in 17 partite? Di lei si è sempre detto un gran bene, ma ha dovuto ripartire più volte dalla serie C, come mai? «Arrivato a 31 anni ho iniziato anche a ripercorrere un po’ quello che è stato il passato e come accade nella vita di tutti è giusto dare un giudizio, tirare una riga: per quanto ho fatto finora, nonostante tutto, mi do 8 e sapete perché? Ho capito cose che prima non capivo e ora è tutto più chiaro. Adesso quello che importa è sentirmi felice di essere arrivato al Catanzaro e di poter continuare questo percorso in B».

Cosa non aveva capito del calcio, che l’ha frenata per arrivare a livelli più alti? «Sono stato sempre un ragazzo che ha fatto dell’istinto una prerogativa nella sua vita e oggi non mi sento di rinnegare quel lato del mio carattere».

Tornando indietro rifarebbe tutto o proverebbe a cambiare qualcosa? In quella stagione al Sassuolo era troppo alta la concorrenza o poteva fare qualcosa di più e meglio? «Potevo restare, nessuno voleva mandarmi via, ma ho deciso di cambiare aria per poter giocare con continuità cosa che poi non è accaduta per via di vari infortuni»

Ripensa ancora all’anno di Perugia quando diventò il capro espiatorio della retrocessione in C nonostante avesse segnato 19 gol? «Assolutamente sì. Io lì sono stato benissimo ed è un esperienza che mi è rimasta dentro proprio perchè siamo retrocessi. Purtroppo ci furono due-tre persone che pur di lavarsi le mani, essendo vicini ai tifosi, hanno screditato me e altri ragazzi. Chi doveva prendersi delle responsabilità per quella retrocessione ha preferito scaricarle, è stato più comodo così. Ma non è stato giusto».

Pensa di essere ancora in tempo per fare qualcosa di importante, ad esempio portare il Catanzaro in A? Ci sono centravanti del passato (Hubner su tutti) arrivati dalla provincia in A a 30 anni suonati e poi assurti a protagonisti nel massimo campionato…. «Assolutamente sì e certi esempi aiutano a crederci. Il campionato scorso, che abbiamo stravinto in C, è stato la dimostrazione che a Catanzaro c’è una società forte e organizzata: abbiamo avuto la fortuna di trovare uno staff tecnico che ha permesso a tutti di crescere in modo esponenziale».

Lei ha avuto un rapporto speciale con De Zerbi: prima a Foggia e poi a Sassuolo. Che allenatore è l’uomo del momento? Cosa le ha lasciato? Vi sentite ancora? «Lui e stato per me una persona importante molto prima che un allenatore, ruolo nel quale per altro è riuscito a farmi capire tante cose a livello tattico e umano. Oggi è un tecnico completo, ma era un innovatore già a quei tempi. Ha tracciato la strada per tanti giovani allenatori, da prendere come esempio. Ci sentiamo spesso e quando ho potuto sono andato anche a trovarlo in Inghilterra».

Cosa pensa del caos che si sta creando in B? Ancora non si sa il format e quando inizierà il campionato… «Penso tutto quello che pensano le persone di calcio in questo momento cioè che è fastidioso vivere nell’incertezza anche perché la B è un campionato che fa da serbatoio per la Serie A e merita rispetto».