L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sui fondi in aiuto al calcio non ancora arrivati.
Sempre più in affanno. Il mondo del calcio continua la sua battaglia contro la pandemia, cercando di orientarsi tra decreti, provvedimenti delle Asl, contagi che si impennano e capienze degli stadi modificate. Non è facile, gli imprevisti sono all’ordine del giorno e ogni incertezza, ogni passo falso, rischia di avere un impatto anche importante sulle casse di un settore che continua a manifestare difficoltà. Lo Stato in qualche modo ha cercato e cerca tuttora di aiutare i professionisti del pallone, ma il peso dei sostegni non è ancora sufficiente, soprattutto se paragonato ad un altro importante settore dell’intrattenimento italiano come il cinema. Vediamo che cosa è stato fatto dall’inizio della pandemia a oggi e che cosa si potrebbe ancora fare per aiutare il calcio, dalla Serie A in giù.
Gli aiuti non bastano. Pochi soldi “cash” e le dilazioni fiscali. Le perdite dovute all’emergenza sanitaria hanno tolto al pallone 1,2 miliardi di euro. Una cifra enorme che ha messo in difficoltà tutti, dai club più piccoli ai colossi del massimo campionato. E i risultati, basta dare una veloce occhiata al mercato della scorsa estate, sono evidenti. Il presidente della Figc Gabriele Gravina ha più volte nel corso dell’ultimo anno sollecitato il governo ad interventi di sostegno importanti. In un primo momento si era sperato di avere soldi a fondo perduto, sono arrivati solo i 56 milioni destinati a tamponi e sanificazioni (di cui 5 per squadre di Serie A). Poi le richieste hanno preso una nuova strada, quella degli aiuti indiretti, principalmente sotto forma di sgravi fiscali e rateizzazioni dei debiti. In questo senso qualcosa in più si è fatto: il provvedimento più importante è quello inserito, non senza fatica, nell’ultima Legge di Bilancio che allarga la sospensione e la rateizzazione dei versamenti fiscali e contributivi dei club professionistici, inizialmente prevista fino a dicembre 2021, anche ai primi quattro mesi del 2022.
Non c’è confronto. Tutti gli aiuti per lo spettacolo. Insomma, si può fare ancora molto, anche perché parliamo di un comparto strategico per l’intero Paese. Vale la pena ripetere qualche numero: per ogni euro investito dal governo nel pallone, l’Italia ha un ritorno in termini fiscali e previdenziali pari a 17,3 euro, con evidenti benefici in termini percentuali sul Pil, tanto che l’ammontare della contribuzione fiscale e previdenziale del calcio professionistico degli ultimi 13 anni è stata pari a 14 miliardi di euro. È soprattutto per questo che oggi si reclama ancora un aiuto. Il cinema ad esempio, dall’inizio della pandemia ha ricevuto ristori per 1069,5 milioni, così divisi: 875 milioni di fondi cinema 2020 e 2021 (ordinari e straordinari), 170 per contributi a fondo perduto, 24,5 di sostegni per la ripresa della programmazione, a cui si possono aggiungere i 90 per l’esenzione della seconda rata Imu 2020 e dell’Imu 2021 e 2022 per cinema e teatri. Giusto, anzi giustissimo, aiutare lo spettacolo, parte fondamentale della nostra cultura. Ma anche il calcio vuole – o meglio ha bisogno – della sua parte.