«Ho toccato il fondo. Ora punto al cielo». Brunori si racconta: «Avevo un anno quando mio padre se n’è andato. Ho tolto anche il cognome»
Matteo Brunori è il protagonista di una lunga intervista realizzata da “Sportweek” nel quale il bomber rosanero si racconta a 360° tra campo e vita privata.
Ecco un estratto:
“Come tutti coloro che hanno visto il peggio della vita, Matteo Brunori non si fa problemi a raccontarlo guardando negli occhi l’interlocutore. E cosa c’è di peggio, per un bambino, che l’essere abbandonato da uno dei genitori, così piccolo da non ricordarne, oggi, il viso e la voce?
«Avevo un anno quando mio padre se n’è andato. Insieme a mia madre lavorava nel settore della ristorazione in Brasile, dove sono nato io. Poi non sono più andati d’accordo e lui è sparito. Mai più rivisto. Mamma mi ha riportato in Italia, a Bastia Umbra, dove viveva suo padre».
Del tuo non ti è rimasta neanche una foto?
«No. Ma non le ho nemmeno chieste. E non ricordo di aver fatto domande su di lui a mamma. Di sicuro, lei, di sua iniziativa, non me ne ha mai parlato. Ha sempre cercato di proteggermi dal dolore. E nemmeno posso dire che mi sia mancato l’affetto paterno: mamma ha compensato, amandomi per due. E poi c’era mio nonno Luigi, nel quale ho trovato la figura di riferimento maschile di cui avevo bisogno».
E se oggi tuo padre venisse a cercarti?
«Non l’ha mai fatto finora. Nel caso, ho la maturità per dirgli quel che penso di lui».
Ma tu hai voglia di rivederlo?
«No. Non penso a lui come a un padre. Lo ringrazio per avermi messo al mondo, ma ho cancellato anche il suo cognome, Sandri, dalla mia vita».
Bisogna per forza partire da questo per capire come tutto quello che è venuto dopo – la tantissima gavetta nelle serie minori del calcio, tutta la fatica fatta, i fallimenti, le delusioni, i bocconi amari mandati giù – siano stati in confronto un semplice percorso accidentato come tanti, una normale vicenda umana e professionale come altre, fatta di lavoro, qualche scivolone e tanta voglia di arrivare, alla faccia di tutto e tutti. Persino di se stesso. E adesso che, a 27 anni, appena in tempo cioè per coltivare ancora ambizioni senza passare per matto, Matteo Brunori, centravanti del Palermo trascinato in B a suon di gol (29 in 47 partite, playoff com presi), raccoglie finalmente il frutto dei sacrifici, degli errori e dei calcioni presi in giro per le periferie del pallone, eccolo qui a raccontare la sua storia, lo sguardo pulito che brilla di gioia di vivere (e ci mancherebbe: a giugno, nel giro di tre giorni, ha messo insieme matrimonio e promozione), i tatuaggi in bella evidenza su braccia e gambe lasciate scoperte.
Quanti ne hai?
«Una ventina. Non mi piace tatuarmi sulle parti più esposte, viso, collo e mani, anche perché quasi ogni disegno ha un significato che riguarda me solo e che preferisco tenere nascosto».