«Li vorrei guardare in faccia tutti quelli che mi hanno riempito di insulti sui social per aver raccontato la mia esperienza di malata di Covid-19 e non lo vorrei fare per rispondere loro per le rime ma per dialogare: copiare e incollare dai siti è facile mentre esprimere e argomentare le proprie opinioni di persona è facile». L’infermiera Giulia Medea Oriani vive e lavora nel Milanese ed è stata positiva al Coronavirus per 21 giorni. Poi, per altri 58, ha combattuto contro una trombosi «probabilmente scatenata proprio dal virus». Ha raccontato il suo calvario attraverso un lungo post sul suo profilo Facebook che è corredato da un’eloquente foto con le scatole delle medicine e delle siringhe usate per curarsi. Uno sfogo che ha avuto oltre sedicimila reazioni, quasi tremila commenti e oltre novemila condivisioni. «Lo dedico a voi maledetti complottisti, che sostenete che il virus non esista, che sia stato creato per far guadagnare soldi a Bill Gates, che vi stiano mentendo e la situazione non sia così grave come sembra, che non volete mettervi la mascherina perché vi farà morire di ipercapnia (che manco sapete cosa sia), che vi ammassate nelle piazze perché non avete paura di un virus che uccide solo i vecchi, che sostenete che il virus sia un problema solo per chi ha malattie gravi e invalidanti…. e tante altre puttanate. A voi che pensate che tanto non vi capiterà mai niente, dedico la foto della terapia che ho dovuto prendere negli ultimi due mesi e che continuerò a prendere non so per quanto tempo». La trentenne è ancora scossa da tanto odio. «Io li porterei tutti a visitare un reparto di terapia intensiva, li metterei faccia a faccia con i pazienti ricoverati e li farei parlare con loro — dice Giulia al Corriere — oppure li farei assistere a una videochiamata con i figli che piangono perché non sanno se rivedranno mai più i loro genitori. Forse basterebbe anche solo parlare con chi è stato estubato e chiede di avere aiuto psicologico per superare il trauma dell’intubazione»