“Tre cessioni e un importo da 68,9 milioni di euro: questo è quanto ha prodotto il marchio Palermo in dieci anni di continue cessioni, operazioni finite sotto la lente della Procura per il valore effettivo di una tale compravendita.
Operazione lecita e piuttosto comune nel calcio italiano, tant’è che i rosa non sono certo gli unici ad aver ceduto il proprio marchio per poter iscrivere una plusvalenza a bilancio, ma quel che spicca è la reiterazione nel provvedere ad un tale stratagemma, al punto da far sorgere dubbi agli inquirenti. Perché quel marchio (direttamente 0 meno) è stato ceduto in tre occasioni, l’ultima delle quali divenuta necessaria per non chiudere in rosso l’esercizio al 30 giugno 2016, tanto da vendere la società a cui era stato ceduto pochi anni prima. Partiamo con ordine: nel 2006, come la maggior parte delle società calcistiche italiane con problemi di liquidità, il Palermo vende il proprio brand. L’acquirente è la Locat, società appartenente al gruppo Unicredit, che prende possesso del marchio per 30 milioni di euro. Tale valutazione viene effettuata tramite una perizia di un esperto, ma l’operazione di «lease back”. In parole povere, il Palermo vende il marchio per fare subito cassa, ma contestualmente lo riacquista a rate, in modo da poter usufruire sin da subito di gran parte dei soldi ottenuti senza però perdere il marchio, cosi da poterlo sfruttare sul piano commerciale. La prima rata è di nove milioni e il ricavo iniziale del club di 21 milioni di euro. Dopodiché, vengono concordati 107 canoni mensili da circa 240 mila euro e 300 mila euro per completare la riacquisizione del brand. l.’operazione cosi spalmata su nove esercizi e genera una plusvalenza contabile di 30 milioni, pari al valore complessivo del marchio al momento della vendita a Locat. Prima che terminino questi nove anni e che dunque il Palermo possa riscattare definitivamente il proprio marchio, arriva la seconda cessione. Il 26 giugno 2014 il club rosanero conferisce il proprio marchio alla Mepal, società controllata dal Palermo e creata inizialmente per “l’attività di diffusione, sviluppo e valorizzazione del marchio Palermo calcio e dell’attività di produzione e vendita dei prodotti del merchandising”. Da questa data, Mepal diventa anche proprietaria del brand Palermo, per una cifra pari a 17 milioni di euro. Cifra che permetterà alle casse del club di respirare, un anno dopo la retrocessione in Serie B con tutte le conseguenze facilmente immaginabili sul fronte dei ricavi. Non a caso nel 2014 il club di viale del Fante chiuse con un passivo di oltre 27 milioni di euro e cosi riusci a “tamponare” le perdite. Una toppa che non poteva reggere a lungo, tant’è vero che due anni dopo, avendo “salvato” il 2015 con la cessione di Dybala, il Palermo si ritrova a dover vende nuovamente il proprio marchio. Stavolta cedendo direttamente la controllata a cui era stato conferito, ovvero Mepal, alla società lussemburghese Alyssa. Operazione da 40 milioni di euro, plusvalenza da 21,9 milioni e bilancio chiuso addirittura in attivo grazie a questa cessione, che pero ha dato il via alle indagini fino all’istanza di fallimento che porterà il club in tribunale giovedì prossimo per la prima udienza. Perché secondo l’accusa, tale operazione sarebbe fittizia. Un passo, l’ultimo, in quelle plusvalenze da 68,9 milioni generate esclusivamente dal marchio Palermo nel Corso di dieci anni. Plusvalenze sulle quali, ora, la Procura vuole fare definitivamente chiarezza”. Questo ciò che si legge sull’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia”.