Giornale di Sicilia: “Una carriera in fumo: 3 anni e 6 mesi a Miccoli”
L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” riporta in prima pagina la vicenda legata all’ex capitano del Palermo, Fabrizio Miccoli, condannato nella giornata di ieri a 3 anni e 6 mesi per estorsione aggravata, nei fatti che lo hanno visto coinvolto insieme al figlio del boss Lauricella. Ecco di seguito un estratto del pezzo dedicato all’ex calciatore di Lecce e Palermo:
“Peggio di una retrocessione, e una squalifica praticamente a vita, anzi la squalifica di una vita intera: addio al mito e all’immagine di Fabrizio Miccoli, capitano coraggioso di un Palermo che con lui arrivò quinto e sfiorò i preliminari di Champions, navigando spesso in alta classifica, qualificandosi per tre volte alla fase a gironi di Europa League e perdendo la terza Coppa Italia della sua storia nella finale di Roma contro l’Inter, nel 2011. Tutto in fumo, tutto perduto, anche le presenze in Nazionale: la condanna di ieri pomeriggio a tre anni e sei mesi, per estorsione aggravata dal metodo mafioso, non è solo un colpo sul piano morale, per la figura dell’ex bomber di Perugia, Juventus, Fiorentina, Benfica, Palermo e Lecce; anche un’ipoteca reale sul suo futuro, perche oltre i tre anni – se la sentenza diventa definitiva – nel nostro sistema giudiziario in cella si va sul serio e il Gup Walter Turturici non ha fatto sconti all’ex bandiera rosanero, a parte la concessione delle attenuanti generiche e la riduzione prevista per il rito abbreviato, un terzo della pena in meno. Lui in aula e in lacrime, difesa basita, avvocati Giovanni Castronovo e Giampiero Orsini pronti a fare appello. Miccoli, stando alla decisione, adottata dopo otto ore di camera di consiglio, fu il mandante di un’estorsione ai danni di un imprenditore palermitano, Andrea Graffagnini. Non si trattò di una qualsiasi imposizione di pizzo: per costringere il giovane a pagare un presunto debito (non riconosciuto dal diretto interessato) di 12 mila euro, Miccoli si sarebbe rivolto infatti a un suo amico, poco o per nulla raccomandabile, secondo l’accusa e la Dia; era infatti Mauro Lauricella, liglio del boss della Kalsa, Antonino. Lui, il capo, detto lo Scintilluni, all’epoca dei fatti, tra il 2010 e il 2011 era latitante: i detective della Direzione antimafia gli davano la caccia e proprio ascoltando le telefonate dei familiari si erano imbattuti, a sorpresa, in Miccoli. […]”.