I più inesperti contro i più scafati, i baby per eccellenza contro i «matusa» del gruppo. É uno dei canovacci di Palermo-Chievo, che mette di fronte, da una parte, una delle formazioni che fanno della linea verde, sul piano anagrafico ed economico, un cavallo di battaglia e dall’altra una squadra che fa quasi un vanto, un vessillo, dell’esperienza accumulata dai suoi protagonisti, gente che ne ha Viste di tutti i colori sui campi di calcio. Nel caso del Palermo, poi, la bassa età media dell’organico (24,7 anni) coincide anche con poche presenze nella massima serie italiana, con tanti debuttanti, apprendisti campioni alle prime armi. Il gap generazionale (e non solo quello, naturalmente, anche il livello tecnico), fin qui, ha prodotto molti più punti per i veronesi che per i rosanero. Maran fa leva sull’usato sicuro, Corini deve dare forma ed energia a una «batteria» di enfant prodige potenziali (per dirla alla maniera di Roberto De Zerbi), che devono in gran parte dimostrare il proprio valore. Per far punti, fra quattro giorni, bisogna invertire l’attuale trend: magari con un dosaggio sapiente — in casa rosanero — dei calciatori di lungo corso e di quelli che magari solo da quest’anno assaggiano il calcio che conta. La gara di Firenze serva da esempio: Corini non certo un allenatore che ha paura di dar fiducia ai giovani, ma vuole inserirli in un contesto collaudato, ecco come si spiega Pezzella centrale di sinistra nella difesa a tre, e in modo graduale — specie se la classifica inizierà a sorridere si potrà fare spazio anche a Lo Faso, a Sallai o, perché no?, a qualche sorpresa dal vivaio. Ieri c’era bisogno di qualche elemento in più e Corini ha chiamato dalla Primavera il portiere Breza e il difensore Tafa. Sul fronte opposto il potere va all’affidabilità, a un gruppo cresciuto assieme negli ultimi anni, per precisa scelta societaria, perché Campedelli un po’ un papà con i suoi calciatori e la dimostrazione più lampante la scommessa fatta ad occhi chiusi Su Stefano Sorrentino, classe 1979: una scelta personale del patron, forse non totalmente condivisa dal ds Nember e dalla piazza, che però in questi primi mesi di campionato hanno avuto tempo e modo per ricredersi sul ritorno dell’ex. La società veronese, per filosofia e dimensioni, non ha mai potuto contare su chissà quale vivaio, e molto raramente ha lanciato qualche giovane talento cristallino, quanto piuttosto ha rilanciato, fin dai tempi di capitan Corini, elementi che altrove non funzionavano, possibilmente con operazioni low-cost, magari poi trasformate in qualche redditizia plusvalenza (cosa che in proporzioni maggiori, a livello europeo, sta facendo il Siviglia del ds Monchi da qualche stagione ormai). Di recente, e più che mai in questo campionato il Chievo si disegnato come squadra ostica ed esperta, laddove le gambe e il fiato non arrivano, intuito, malizia e riflessione possono fare la differenza. Certi concetti e certi numeri, nella fila gialloblù, sono…estremizzati. Tanto che il Chievo (30 anni, e l’anno scorso la media era 31,4) non soltanto la formazione con la più alta età media del campionato di Serie A (più di Cagliari, Juventus e Sassuolo, che la seguono a ruota), ma addirittura la più «vecchia» e rodata nei principali tornei europei. Se testa e fisico si dimostrano più giovani di quello che sono perché, in genere, c’é di mezzo la passione e la cura dei particolari. Il Chievo e Maran scommettono su questi aspetti. Gli «sbarbati» del Palermo, dunque, moltiplichino l’attenzione, carichino a mille la concentrazione, perché ogni minima incertezza si pagherà carissima, forse più di altre volte. D’altra parte, però, freschezza e reattività possono fare la differenza, in attacco anche un guizzo può lanciare il Palermo in paradiso. Nestorovski e i suoi fratelli, là davanti, se la vedranno con due calciatori che hanno dato tantissimo, Dainelli e Gamberini, coppia di centrali da 72 anni in due…”. Questo quanto si legge su “Il Giornale di Sicilia”.