“La Lazio, nella sua storia, ci ha ricamato molto: l’aquila imperiale contrapposta alla lupa capitolina utilizzata dalla Roma, una gara tutta romana per stabilire chi ha il simbolo più antico e radicato nella storia dell’Urbe. Qualcuno ha tratto le dovute conclusioni, realizzato montaggi fotografici con aquile di diversi colori, biancocelesti e rosanero dato che anche il Palermo ha un’aquila come simbolo, peraltro entrambe sono state fondate nel 1900. c’è chi ha parlato di «derby delle aquile». Nell’araldica del calcio, tuttavia, non è l’aquila il simbolo che era stato associato alla Lazio delle origini. Bisogna risalire agli anni Venti. precisamente all’ottobre del 1928. Calcio dei pionieri, primi esperimenti di quello che anni dopo si sarebbe chiamato marketing. L’inventore dei simboli delle squadre di calcio ha un nome e un cognome. Carlo Bergoglio, detto Carlin, esordì come caricaturista del Guerin Sportivo nel 1912, più avanti ne diventerà caporedattore. Carlin realizzò le mascotte che da lì in avanti diventeranno simboli delle squadre: ecco, allora, la zebra per la Juventus, l’orso per l’Alessandria, la dea per l’Atalanta, Alberto da Giussano per il Legnano, il canarino per il Modena e cosi via. E la Lazio? Niente aquila, per Carlin, ma un bel bufalo. «Chi meglio del bufalo è destinato a rappresentare la Lazio?» si chiedeva Bergoglio, alludendo all’irruenza, alla capacità di travolgere e alla potenza della squadra biancoceleste. Inutile dire che, queste motivazioni, non convinsero i laziali, che non accettarono mai il bufalo, ripiegando poi sull’aquila. Aquila che invece, appartiene a pieno titolo alla tradizione rosanero o meglio, alla storia della città di Palermo. È l’emblema della città, secondo alcuni sin dal 1154, concesso da re Guglielmo I di Sicilia. Secondo altre fonti, l’aquila sarebbe simbolo di Palermo dall’epoca romana, tesi fatta propria dal prefetto Filangeri cui, alla fine del 1860, il governo italiano aveva chiesto informazioni sullo stemma della città appena entrata a far parte del Regno d’Italia, «allo scopo di figurare tra quelli che dovevano adornare la Camera dei deputati». Blasone cittadino, stemma del Palermo. Sin dai primi anni Trenta, quando l’aquila nera venne cucita sulle maglie da gioco. Poi diventerà anche il logo sociale. dopo un avvio travagliato. Sul finire degli anni Venti, infatti, a seguito di un incontro tra il barone Luigi Bordonaro di Gebbiarossa e il pittore futurista Pippo Rizzo, era stato ideato il simbolo con un rombo rosanero in orizzontale inscritto in un cerchio a forma di pallone. Nel 1932, in occasione della prima promozione in Serie A del Palermo, Francesco Paolo Barresi, commissario straordinario del Palermo, legato alle tradizioni storiche, pensò di sostituire il rombo futurista con l’aquila dorata guglielmina che teneva sugli artigli un ramoscello d’ulivo. Ma quel simbolo durò solo due mesi, perché considerato «porta attasso». Si tornò dunque al simbolo di Rizzo, fino al 1937. quando l’entrata sulle scene dell’avvocato Paolo Di Pietra, anch’egli commissario straordinario, stabilì l’adozione dell’aquila quale simbolo del Palermo con la variante della testa rivolta a destra invece che a sinistra, com’era nel ’32. Disegno dopo disegno, cambiano gli stili, ma l’aquila rimane sempre lì”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia”.