L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” ha analizzato altri due casi di fallimento, capitati a Bari prima e al Parma dopo. Ma la situazione del Palermo è diversa. Ecco quanto si legge:
“Fallimento. Uno spettro che ogni anno aleggia sul calcio italiano e che spesso colpisce realtà blasonate, con due casi mediaticamente rilevanti fare “scuola” in materia. Due casi che, però, non hanno nulla a che vedere con la situazione attuale del Palermo: il fallimento del Bari e quello del Parma, giusto per citare i due episodi più clamorosi dell’ultimo lustro, hanno rappresentato due strade differenti per mettere fine alla storia di una società calcistica. Esaltante, nel primo caso, disperata nel secondo, con un lieto fine mancato e la ripartenza tra i dilettanti. Nel marzo 2014 la famiglia Matarrese, al comando della società pugliese da trentasei anni, porta i libri contabili in tribunale. La locuzione “fallimento pilotato” non sarebbe giuridicamente corretta, ma di fatto e come se lo fosse, perché e la società stessa a riconoscere la mancanza di presupposti per proseguire con l’attività. Diversa invece la situazione del Parma, che venne ceduto da Ghirardi alla Dastraso Holding e successivamente alla Mapi Group di Manenti (per un euro), ma il cui fallimento nasce dalla messa in mora da parte dei giocatori. Iniziativa avviata da Cassano, al quale ha fatto seguito Lodi, per arrivare poche settimane dopo all’istanza di fallimento con un buco di 97 milioni. Casi diversi da quelli del Palermo, dove l’azionista di riferimento smentisce alcun tipo di crisi (cosi come il presidente del consiglio d’amministrazione) e dove i tesserati vengono pagati puntualmente, come ammesso pubblicamente dall’allenatore Tedino. I rischi del club rosanero, semmai, sono di natura patrimoniale. Ma con i due “crac” piu noti degli ultimi anni, al momento, non c’e nulla in comune”.