Intervistato dalle colonne della rivista “Undici” Alberto Gilardino ripercorre le varie tappe della sua carriera, parlando dell’esperienza cinese all’Evergrande di Guangzhou: «Venivo da una stagione importante a Genova, ma anche tormentata. Avevo lottato per tutta la stagione, per poter andare ai Mondiali in Brasile. Avevo giocato sei mesi con una mano rotta, avevo giocato con una spalla lussata. La convocazione non arrivò. Mi sentii stanco. Ho sempre sognato di fare un’esperienza in un campionato estero, ma non avrei mai immaginato la Cina. C’è stata questa possibilità, mi sono detto: ho l’età giusta, sono pronto per provare, con un allenatore che mi voleva e mi conosceva. Ed è stata un’esperienza formativa, come apertura mentale: vivi in un mondo completamente nuovo, la cultura cinese è così diversa da quella occidentale. Per me, mia moglie e le mie figlie è stato bellissimo. In Cina il calcio è in evoluzione. Stanno arrivando giocatori, allenatori. Non si può nascondere che molto dipende dai contratti faraonici, ma in parte c’è un discorso tecnico: gente preparata come Lippi, Eriksson, Scolari, è una garanzia. Per adesso, comunque, campionati tipo la Premier sono ancora avanti rispetto a scenari come quello cinese o quello americano».