Gianni Rivera esce allo scoperto: «Pronti ad acquistare il Bari»

L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sul futuro del Bari e in particolar modo su Gianni Rivera che è uscito allo scoperto rivelando di voler acquisire il club pugliese insieme ad un gruppo di investitori.

Di seguito l’intervista pubblicata dalla rosea:

Ha voglia di dire. Ma soprattutto, di dare. In un mondo che alla fine resta sempre la sua vita e la sua passione: il calcio. Eccolo allora dentro una nuova, potenziale avventura. Un’idea che sta diventando progetto e che potrebbe portalo presto al Bari con un ruolo mai visto finora.

Gianni Rivera, da dove partiamo? «Dal fatto che degli amici finanziatori mi hanno contattato per chiedermi la disponibilità a entrare in un progetto per rilevare una società calcistica».

Ci può dire qualcosa di più? «Si tratta di un gruppo italiano. Qualche settimana fa ho avuto anche un contatto con il sindaco di Bari a cui avevo prospettato questa possibilità».

Il gruppo ha contattato anche i De Laurentiis, attuali proprietari del Bari? «Preferisco non dire altro».

Quando è che si potrà dire qualcosa in più ? «Credo il prima possibile, forse entro la fine del mese».

Ma quale sarebbe il suo ruolo? Tecnico? Dirigenziale? «L’allenatore di questa squadra o comunque un ruolo tecnico. È così che penso di essere utile».

Lei però non ha mai allenato… «Penso di sapere come si fa. E l’ho fatto in campo quando giocavo».

L’età non la spaventa? «L’età non conta, in questo settore ciò che conta è il talento, l’intuizione e l’esperienza: non vado a giocare in campo, sono altri che giocano per me, aiutare dei giovani calciatori è una cosa che mi affascina. Soprattutto ora, con un calcio che non condivido molto».

Perché è arrivato così tardi a pensarsi allenatore e non l’ha fatto appena smise di giocare? «In effetti ho sbagliato, ma ero diventato vicepresidente del Milan insieme a Felice Colombo e aiutammo Capello a fare il corso per diventare allenatore, potevo farlo insieme a lui ma allora mi sentivo più dirigente. Poi sono entrato in politica per vent’anni, uscendo ho diretto il Settore giovanile scolastico della Figc. Tavecchio mi avrebbe voluto direttore tecnico della Nazionale, ma l’ambiente si oppose perché non avevo i requisiti richiesti, cioè non avevo fatto tutti i corsi per diventare allenatore di Serie A. Cosi mi ci sono messo e superati i primi due anni, Tavecchio chiese a Ceferin di concedermi a quel punto l’abilitazione per la Serie A, ma l’Uefa disse no. Superai allora l’ultimo esame. Poi venne la pandemia e non ci furono occasioni. Fino alla cosa che vi sto raccontando».

Che cosa, in particolare, non le piace del calcio? «Il fatto che i procuratori siano diventati i suoi padroni».

Quale sarebbe l’obiettivo numero uno di questa nuova avventura? «Ovviamente portare la squadra dalla Serie B alla Serie A. Ma anche formare dei calciatori, non è un caso che io abbia fondato un’Academy proprio con questo obiettivo. Eravamo partiti prima del Covid, poi la pandemia ha bloccato tutto, ma ora stiamo riprendendo in mano l’iniziativa».

Che calcio sarebbe quello di Rivera? «In base ai giocatori che si hanno, il più offensivo possibile».

Ha visto l’ultima partita del playoff promozione fra Bari e Cagliari? «Hanno consentito al Cagliari di occupare troppo spazio, dovevano giocare una partita normale, non solo in difesa ma anche all’attacco come avevano fatto in Sardegna».

Ha visto la finale di Champions dell’Inter? «All’Inter è successa la stessa cosa che era successa al Milan con l’Inter: sbagliare quei due tiri decisivi è costato il risultato».

Che cosa pensa di ciò che è successo a Maldini? «Che non meritava quel trattamento. La società doveva investire per migliorare la squadra che era in calo».

È stata la settimana della morte di Berlusconi, anche se lei non ha mai collaborato con lui, che effetto le ha fatto? «Mi dispiace molto per i suoi figli».