«Andare allo stadio è un rito, un’abitudine. Quel rito, da un anno è strappato. Ed in più si sono insinuati la paura, l’incertezza, la precarietà, la vulnerabilità e, da un anno, temiamo di stare vicino all’altro. Sarà dura, riaprendo, rivedere subito le curve stracolme. Proviamo insieme a progettare come aprire gradualmente gli stadi, magari il 20-30% della capienza, con la certezza delle misure di distanziamento sociale. Abbiamo l’obbligo di dare un segnale di speranze e di inversione, governo, CTS, istituzioni sportive. Il Comitato 4.0 (leghe di pallavolo, basket e Serie C), unitamente ai club sul territorio hanno avanzato il progetto di essere i driver di accelerazione dinamica e proattiva, per realizzare efficacemente parte degli investimenti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Lo sport e il calcio sono pronti per essere parte per la ricostruzione del paese per le prossime generazioni, come previsto da Next Generation EU. Gli stadi quindi fanno da apripista e favoriscono l’apertura a forme societarie come i turst, spazi fruibili 24 ore per stare insieme con la famiglia o gli amici, anche di chi non è interessato alla partita ma fa dello stadio il luogo dove allenarsi in palestra, andare dal parrucchiere mentre i bambini giocano nello spazio ludico/formativo e poi finita la partita, tutti insieme al ristorante o al bar.
La crisi accelera le trasformazioni, noi siamo pronti per la sfida a partirà dagli stadi e dai palazzetti, in modo che torni al più presto e più ricco socialmente lo Stadio Art. Dobbiamo farcela, o meglio, è possibile farcela».
Queste le parole di Francesco Ghirelli, presidente della Lega Pro, rilasciate ad “Avvenire” in merito alla riapertura degli stadi.