Ghirelli: «Ora è sbagliato pensare a promozioni e retrocessioni. Dobbiamo avere rispetto per la gente che sta morendo»
Intervenuto ai microfoni di “Tuttomercatoweb.com”, Francesco Ghirelli, presidente della Lega Pro, si è espresso così in merito all’emergenza Coronavirus in Italia: «Nel corso di queste settimane ho mantenuto un rapporto continuo con i presidenti, spiegando passo per passo cosa stesse avvenendo. Però è bene che a un certo punto ci si incontri in assemblea. L’assemblea? Sono sincero: volevo convocarla anche prima. Però poi mi sono accorto che dobbiamo potenziare il collegamento: abbiamo 60 club, non è come Serie A o Serie B. Ci sono anche difficoltà tecniche e serve una buona linea ovviamente. In una fase di questo genere, io capisco lo sconcerto e le domande sul futuro di molti di loro. Però vedo due situazioni distinte: c’è un’area che va da Bergamo alla Lombardia, all’Emilia e al Piemonte, dove i presidenti sono angosciati perché lì le persone muoiono come le mosche. E ci sono zone dove magari hanno più tempo e sentono meno tensione. Così alle volte qualcuno può abbandonarsi a cose che non sono attinenti all’umore di questa fase. Io penso che si debba avere rispetto della gente che sta morendo e soffrendo, che dobbiamo concentrarci sulle cose fondamentali: provare a mettere in linea di galleggiamento la barca della Lega Pro, perché la crisi l’ha veramente colpita. Dobbiamo evitare di fare discussioni che avrebbero riflessi negativi. A cosa mi riferisco? Per esempio, penso a quelle sulle retrocessioni. Certo, sono importanti, ma c’è un tempo per ogni cosa. Ora il rischio è quello della continuità aziendale, e pesa l’incomprensione dell’AIC di capire il momento. Dobbiamo capire che vanno fatti dei sacrifici, perché la barca rischia di affondare. I nostri 60 presidenti hanno un’altra azienda oltre alla squadra di calcio, e sono preoccupati anzitutto delle sorti di quell’azienda. Se fossero posti davanti a una scelta tra le due, abbandonerebbero il calcio. E farebbero bene, aggiungo. Perché sceglierebbero l’azienda che serve alla loro famiglia per andare avanti».