Gegè, 37 presenze e 28 gol subiti, sintetizza così, a calciolecce.it, le sensazioni vissute al lecce durante la stagione 2002/2003: «Mi parlavano bene di Lecce, una città stupenda dove non ero mai stato. Arrivai di notte e la mattina incontrai Delio Rossi. Quell’anno c’era un gruppo straordinario. Eravamo compatti, sapevamo che niente poteva fermarci. Dalla prima giornata eravamo convinti di andare in Serie A perché mentalmente eravamo nettamente superiori a tutti. Chevanton, Tonetto, Ledesma, Stovini, Donadel, Vugrinec, Cimirotic, uno dei talenti più nitidi che ho visto, Vucinic, che anche non giocava: elementi che ci davano una superiorità anche tecnica. Attaccanti come Cheva oggi non ne vedo. Vucinic poi ha vinto due scudetti. E in Primavera c’era anche Pellè. La famiglia Semeraro fu straordinaria. Io quell’anno ero di proprietà del Palermo e nella settimana che conduceva a Lecce-Palermo 3-0 ricordo tante voci su un mio presunto non massimo impegno contro la società proprietaria del mio cartellino. Voci che mi mettevano addirittura in dubbio. Ricordo che la società mi appoggiò, mi dissero ‘tu giochi e ci fai vincere’. Andare in A col Lecce fu una mia soddisfazione personale. Prima di andare al Lecce dissi a Zamparini, proprietario del Palermo che si giocò con noi il salto in A una cosa dopo aver fatto il ritiro coi rosanero. Zamparini e Foschi parlavano del Palermo come una corazzata già imbattibile esortandomi a trovare la squadra. Io risposi: ‘Io la squadra già ce l’ho, è il Lecce. Vi aggiungo: io andrò in A coi giallorossi e voi rimarrete in B’. Non mi vergognai di rivolgermi così a Zamparini».