Col Palermo ormai avviato verso il fallimento e col credito ex Alyssa scaduto da tre settimane, non c’era più ragione di tenere Zamparini agli arresti domiciliari. Stando a quanto si legge sull’odierna edizione de “Il Giornale di Sicilia”, sono queste sono le motivazioni che hanno portato alla libertà per l’ex patron rosanero, il tutto in concomitanza con la sua radiazione da ogni ruolo nel calcio italiano e a pochi giorni dal verdetto emesso della Figc sul Palermo: mancata iscrizione in serie B e cancellazione dai campionati professionistici. Un verdetto che Tuttolomondo prova a ribaltare col ricorso al Collegio di garanzia dello sport del Coni, ma la speranze che tale ricorso ottenga i risultati sperati sono prossime allo zero. E Zamparini, indicato dal Tribunale federale nazionale come il principale responsabile della situazione creatasi in casa Palermo, non intende assumersi colpe: «Qualcuno ha fatto scomparire il Palermo, non Zamparini», queste le sue parole in merito alla fine dell’U.S. Città di Palermo. L’imprenditore friulano, dopo quasi sei mesi detenzione domiciliare, adesso vuole valutare con i propri legali le azioni da proporre in sede di giustizia ordinaria contro la Federcalcio. L’imprenditore chiede un risarcimento da 100 milioni, ma questo non potrà cambiare le sorti del Palermo. Zamparini sarà libero di presenziare all’udienza del prossimo 18 settembre, ma la sua partecipazione, però, è tutt’altro che certa. Anzi, pare che Zamparini non abbia intenzione di tornare in Sicilia per l’occasione. Il processo penale iniziato lo scorso 2 luglio è solo uno degli appuntamenti in aula per il club rosanero e per chi lo ha avuto in gestione nell’ultimo periodo. Prima dell’udienza prevista per metà settembre,
infatti, il Palermo tornerà ad essere argomento giudiziario per via dell’istanza di fallimento presentata dalla Procura. Il 22 agosto è stata messa a calendario la prima udienza con la possibilità di allegare eventuali altre istanze pendenti. Mentre la Cassazione ha divulgato le motivazioni per cui ha dichiarato inammissibile il ricorso dei pm, che si sono rivolti alla Suprema corte in merito alla decisione di rigettare l’appello sul mancato sequestro preventivo di 1,1 milioni: «insussistenza del dolo specifico» e impossibilità di indicare il «presupposto dell’autoriciclaggio».