Gds: “Vecchio Palermo e conti falsi, Giammarva ingannò la Covisoc”
L’edizione odierna del “Giornale di Sicilia” si sofferma sulle vicende giudiziarie del vecchio Palermo.
«L’imputato Giovanni Giammarva era consapevole della falsa rappresentazione patrimoniale della Us Città di Palermo e nella veste di presidente del Palermo Calcio ha contribuito alla commissione del reato».
Il giudice Michele Guarnotta, che il 30 giugno aveva condannato a 8 mesi e 10 giorni pena sospesa – l’ex numero uno della società rosanero, spiega in una ventina di pagine la propria decisione, con la quale ha pure assolto due ex sindaci, Michele Vendrame e Andrea Favatella. Commercialista ed esperto spesso nominato dal Tribunale come perito, Giammarva, difeso dall’avvocato Antonio Gattuso, prepara l’appello.
Dieci soli mesi di presidenza – perdipiù all’ombra di Maurizio Zamparini, ritenuto comunque il dominus della società – sono stati sufficienti per far sì che Giammarva fosse considerato partecipe di un disegno diretto a ingannare la Covisoc, l’organismo di vigilanza sulle società di calcio quotate in borsa. Le vicende del vecchio Palermo, quello precedente al passaggio farlocco agli inglesi e alla disastrosa gestione Arkus Network, culminata nel fallimento, si intrecciano con la lunga crisi del club nell’ultima fase dell’era Zamparini. Fra l’8 novembre 2017 e il 10 agosto 2018, Giammarva accettò di guidare il club.
E questo anche se – scrive il Gup, che ha deciso col rito abbreviato – Zamparini aveva «mantenuto intatti i poteri (…) e la rappresentanza legale della società», fino al 3 maggio 2018.
Il Palermo, quando l’imprenditore friulano lasciò (ma solo pro forma, ha sempre sostenuto il pool coordinato dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca), aveva già rischiato un primo fallimento, respinto dal Tribunale. Decisione al centro di un’inchiesta parallela della Procura di Caltanissetta. Quel procedimento – così come quella conclusa col fallimento, a ottobre 2019 – si basava sul presupposto che Zamparini, attraverso un reticolo di società tutte a lui riferibili, avesse costruito un credito inesistente di 40 milioni per la cessione del marchio rosanero alla Mepal e da questa azienda alla lussemburghese Alyssa Sa.
Guarnotta cita le intercettazioni effettuate dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza per dire che Giovanni Giammarva «fosse consapevole della falsità del credito Alyssa». Il 21 marzo di due anni fa l’azionista di maggioranza, cioè Zamparini, ribadiva al presidente: «Noi abbiamo sistemato le cose, abbiamo cominciato a pagare i primi 11 milioni e mezzo (…). Le strade erano due, o fare delle plusvalenze sul marchio o vendere i giocatori con le plusvalenze. Operazioni come (queste le) facciamo nel calcio per dare la possibilità ai club di rifinanziarsi». Da esperto qual era, Giammarva capì che la successiva «transazione tra
Alyssa e Palermo (…) avrebbe inciso negativamente sull’indice di liquidità ai fini della Covisoc: “Non ci si può iscrivere al campionato”», disse a Zamparini il 28 maggio 2018. Ed ecco perché la consapevolezza «della falsità del credito e dei relativi pagamenti».
L’imputato ha sostenuto «che la Covisoc era perfettamente a conoscenza della questione Mepal-Alyssa (…) tenuto anche conto del clamore mediatico della vicenda (anticipata dal Giornale di Sicilia, ndr), motivo per il quale era in grado di svolgere tutte le azioni di verifica». Tuttavia, «sebbene non fosse in quel momento il soggetto tenuto a effettuare le comunicazioni alla Covisoc, Giammarva ha comunque portato un ben preciso e consapevole contributo causale e morale, avendo approvato lo stato patrimoniale e la relazione semestrale, che contenevano le informazioni di cui egli conosceva la consistenza e le finalità decettive». In ogni caso però lui «si è prestato a quanto ideato da altri, con relativa minore intensità del dolo». Vendrame e Favatella fecero invece parte del collegio sindacale solo dal 12 settembre al 25 ottobre 2017 e c’è il «ragionevole dubbio che in questo ristretto arco di tempo abbiano maturato la consapevolezza di avere concorso a esporre fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero».