Gds: “Vecchio Palermo, c’è il fallimento. Rischio bancarotta per Zamparini”

L’edizione odierna del “Giornale di Sicilia” si sofferma sul fallimento del vecchio Palermo. Ecco quanto riportato: “Qualcuno adesso dovrà pur preoccuparsi. L’Us Città di Palermo è stata dichiarata fallita dalla quarta sezione civile del Tribunale del capoluogo. Adesso lo spettro della bancarotta si avvicina: per Zamparini, già alle prese con un processo per falso in bilancio e false comunicazioni sociali, ma anche per gli ultimi amministratori della società. Le condotte di chi ha gestito il club in queste ultime settimane di vita hanno denotato un«abuso dello strumento del concordato preventivo», quello che non è stato concesso al vecchio Palermo proprio a causa delle continue violazioni poste in essere dalla Arkus Network di Tuttolomondo, proprietaria del club rosanero. Il collegio presieduto da Gabriella Giammona e composto da Giuseppe Rini e Flavia Coppola ha ritenuto improcedibile la domanda di concordato preventivo con riserva e la palla passa nuovamente alla Procura, che da tempo indaga sui conti del club (e sulla plusvalenza generata con la cessione del marchio alla holding Alyssa). Lo scorso 11 ottobre il pm Andrea Fusco ha«insistito nella richiesta di revoca del concordato preventivo e nell’istanza di fallimento della società», depositando una memoria nella quale si deduce «la natura fraudolenta degli atti posti in essere nella pendenza della procedura». Il prossimo passo sarà l’accusa per bancarotta fraudolenta. Zamparini, tramite il figlio Andrea, aveva pure provato un’ultima mossa per scongiurare il fallimento. La famiglia dell’ex patron ha manifestato all’amministratore giudiziario, Giovanni La Croce, la propria disponibilità «a supportare la proposta di concordato preventivo» immettendo un massimo di 10 milioni in 48 mesi, «dietro rilascio di garanzia reale». Proposta ritenuta però insufficiente da La Croce, che ha inviato giovedì una nota alla quarta sezione civile del Tribunale di Palermo. «Risulta acclarata la sussistenza dello stato di insolvenza» (con debiti stimati in 50-60 milioni di La Croce),anche perché i pagamenti effettuati dalla società negli ultimi due mesi hanno provocato la dispersione di «notevoli risorse economiche, di ragionevole difficile recupero, depauperando il proprio attivo e alterando la par condicio creditorum». I commissari giudiziali, il commercialista Palazzotto e l’avvocato Pisciotta, hanno riferito di pagamenti per complessivi 630 mila euro avvenuti a seguito del deposito del ricorso, senza alcuna autorizzazione del Tribunale. Tra questi: pagamenti verso i dipendenti, pagamenti in favore di avvocati e consiglieri (Atria, Tedeschini, Di Ciommo e Tiziano) e il compenso disposto a favore di Struttura Srl, advisor contabile «incaricato della predisposizione del piano concordatario». Peccato che questa società sia riconducibile ad Arkus Network e abbia ottenuto un compenso sproporzionato rispetto alla tariffa professionale di riferimento: 341.600 euro come «anticipo»per un contratto che prevedeva 560 mila euro più Iva, ma tutto questo solo per individuare i due professionisti che si sarebbero dovuti occupare del concordato, ovvero i commercialisti Castaldo e Fabozzi (a cui sarebbero andati solo 300 mila euro).Un pagamento che, secondo i giudici, «costituisce atto fraudolento idoneo a determinare la declaratoria di improcedibilità del concordato». La società ha inoltre fornito dati patrimoniali fermi allo scorso 20 agosto, senza dunque aggiornarli alla data di deposito della prima relazione, mostrando addirittura una situazione economico-patrimoniale florida (con un utile di 2,7 milioni), a differenza di quanto esposto nel bilancio riclassificato al 6 agosto (con una perdita di 10,4 milioni). Nell’attivo patrimoniale, d’altronde, erano stati persino esposti i valori dei calciatori svincolati a seguito della mancata iscrizione (circa 5,4 milioni). I pagamenti ai dipendenti, invece, si riferivano a debiti anteriori alla presentazione della domanda di concordato, ma il loro mancato licenziamento «determinava un ulteriore aggravamento della situazione della società a danno del ceto creditorio», essendo la società inoperativa. La società aveva inoltre omesso di indicare un prelievo di 2.500 euro e di consegnare le scritture contabili richieste con l’elenco dei creditori e dei rispettivi crediti. Tutta una serie di violazioni che hanno portato i giudici ad optare per l’improcedibilità della richiesta di concordato, con il conseguente fallimento del club. Il prossimo 10 febbraio, inoltre, saranno convocati i creditori per la verifica dello stato passivo. Un epilogo atteso dallo scorso 24 giugno, ovvero dalla notte del mancato deposito della fideiussione per l’iscrizione in Serie B. Da lì, poi, emersero tutte le altre irregolarità della gestione Tuttolomondo: dall’utilizzo di crediti non documentati, anzi,ritenuti «del tutto fittizi» da La Croce; passando per il mancato pagamento degli stipendi per «autotutela», quando in realtà nei conti in banca della società non c’era la disponibilità liquida sufficiente per saldare gli emolumenti. Quasi quattro mesi dopo,il vecchio Palermo è fallito. La battaglia giudiziaria, però, non si è affatto conclusa qui”.