Gds: “Usura, è caccia agli intermediari «Un incontro si tenne alla Damir»”
L’edizione odierna del “Giornale di Sicilia” si sofferma sulla delicata situazione riguardante l’assegnazione degli spazi pubblicitari a Palermo, in cui è convolta inevitabilmente la società Damir della famiglia Mirri. Ecco quanto riportato: “Che ci faceva un presunto strozzino nei locali della ditta «Damir»? Perché si sarebbe incontrato per la prima volta con la sua vittima proprio nel deposito di una delle aziende più conosciute della città? Se lo domandano gli investigatori che hanno arrestato Santo Sottile e il figlio Alessandro, ufficialmente imprenditori edili di San Cipirello, accusati dalla procura di gestire un giro di usura che sfiora i 5 milioni di euro. La «Damir», specializzata in cartellonistica pubblicitaria, è gestita dalla famiglia Mirri, così come la squadra del nuovo Palermo che sta ricominciando dalla serie D dopo la sciagurata fine della proprietà Zamparini. I Sottile sono finiti nei guai grazie anche alla denuncia di un commerciante, ex titolare di un bar molto conosciuto della zona di via San Lorenzo che, stanco di pagare centinaia di migliaia di euro di interessi, ha deciso di rivolgersi alla guardia di finanza. Ed è stato proprio lui a parlare dell’appuntamento alla «Damir» con i Sottile durante il quale si sarebbe parlato delle condizioni del prestito a strozzo. A fare da intermediario tra i Sottile e la vittima, un impiegato (tutt’ora) della Damir che risulta indagato per concorso in usura: Giuseppe Ingrassia. Ma ecco il racconto della vittima così come viene riportato nell’ordinanza di custodia a carico dei Sottile. La denuncia del titolare del bar è del 15 marzo 2018, i fatti risalgono al 2015. «A seguito di un periodo di forte crisi individuale, egli aveva contratto debiti nei confronti dello Stato e di alcuni fornitori per oltre 100 mila euro – scrive il gip Claudia Rosini -. Non riuscendo a ottenere finanziamenti dai vari istituti di credito interpellati, l’imprenditore aveva contattato un suo conoscente, tale Giuseppe Ingrassia, con il quale aveva in precedenza lavorato presso la ditta Damir, che a sua volta lo aveva messo in contatto con un soggetto che sicuramente avrebbe risolto il problema del prestito di denaro. Pochi giorni dopo infatti, Giuseppe Ingrassia, lo aveva invitato a raggiungerlo all’interno dei magazzini della ditta Damir, ove gli aveva presentato gli indagati Santo e Alessandro Sottile». Dunque, secondo questa ricostruzione, il primo contatto tra i presunti strozzini e la vittima si svolge nel deposito della ditta dei Mirri che (come si evince nell’articolo qui in basso) dichiarano di essere stati del tutto all’oscuro della vicenda. Al contrario il loro dipendente, secondo l’accusa, è coinvolto nell’affare. Ma cosa succede durante quell’incontro alla Damir? Ecco come prosegue il provvedimento del giudice. «Santo Sottile si era subito mostrato disponibile ad anticipare in contanti la somma di 100 mila euro che il denunciante avrebbe dovuto restituire entro sei mesi unitamente agli interessi, ammontanti a 26 mila euro, per un tasso nominale del 52 per cento – scrive il gip -, previa consegna di alcuni titoli bancari a garanzia. L’imprenditore aveva inizialmente accettato la proposta, salvo poi rinunciarvi, dopo che Sottile gli aveva comunicato che gli interessi da corrispondere erano in realtà pari a 46 mila euro». Ma la storia non finisce qui, sempre secondo l’accusa, e spunta di nuovo il dipendente della Damir. «A quel punto – si legge -, Sottile per il tramite di Giuseppe Ingrassia, aveva intimato con toni minacciosi all’imprenditore di corrispondergli la somma di 26 mila euro, a suo dire anticipata alla banca per ottenere il prestito di 100 mila euro, altrimenti non avrebbe restituito al medesimo gli assegni ottenuti in garanzia. Intimorito dall’atteggiamento dell’indagato, e su espresso suggerimento di Ingrassia, l’imprenditore aveva deciso di richiedere a Sottile un prestito inferiore dell’importo di 50 mila euro, che quest’ultimo gli aveva effettivamente corrisposto in contanti il 24 novembre 2015 chiedendo, a titolo di interessi, 15 mila euro, in aggiunta ai 26 mila, a suo dire a titolo di risarcimento». Altri prestiti seguiranno dopo, uno di 75 mila, e un altro di 60 mila che il titolare del bar pagò assieme al genero, con interessi intorno al 100 per 100 annuo. Alla fine, come sempre accade in questi casi, l’imprenditore si ritrovò stritolato, Sottile avrebbe preteso pagamenti quotidiani di 1000-2000 euro. Fino a quando il titolare del bar ha deciso di denunciare tutto alle fiamme gialle. Resta adesso da chiarire il ruolo di Ingrassia, considerato dall’accusa un «mediatore» tra i Sottile ed i loro clienti. Ed i motivi di quell’incontro «d’affari» proprio al deposito della «Damir»”.