L’edizione odierna del “Giornale di Sicilia” si sofferma sul sovraccarico delle piattaforme e reti internet. Nei giorni scorsi giganti del web e dell’intrattenimento come Google, Facebook, Amazon, Netflix e Disney hanno ridotto temporaneamente la qualità dei video per non congestionare internet. Si tratta di una misura che riguarda non solo l’Europa ma anche altri Paesi, dall’India al Sud America, tutti alle prese con l’epidemia. Molta più gente di prima trascorre le proprie giornate in casa. E l’utilizzo del telefonino, così come del pc sino ad arrivare alle ormai più che diffuse smart tv è sempre maggiore. Maggiore al punto che alcuni server sono attualmente sotto stress. Facebook ha già raddoppiato la capacità dei suoi server, ma potrebbe non bastare a contenere il flusso di comunicazioni. In prima linea nella gestione di questa emergenza sono i tecnici che si occupano dei server. Lo stesso numero uno di Facebook, Mark Zuckerberg, nei giorni scorsi avrebbe detto che se ci si dovesse trovare di fronte ad una epidemia massiccia nella maggioranza dei paesi del mondo, sarebbe necessario attrezzare le infrastrutture per riuscire a sostenere il picco di traffico. Il rischio è che i sistemi vadano in tilt. Addirittura in Italia il traffico su Whatsapp sarebbe andato in questi ultimi giorni ben oltre il picco che di solito si raggiunge a Capodanno. «Ci sono significativi aumenti di traffico sulle reti che possono provocare dei disservizi ma nulla di drammatico, mi sentirei di scongiurare uno scenario apocalittico – spiega Capone in una intervista rilasciata all’Ansa -. Abbiamo banda sufficiente nel mondo, che cresce in base alle esigenze di mercato e che continuerà a crescere perché questa emergenza farà nascere un aumento di traffico che non finirà col coronavirus, perché ci sta aprendo a possibilità e strumenti che prima non usavamo. In questo momento – aggiunge l’esperto – la prova più difficile la stanno affrontando i server e i data center di servizi che gestiscono le videochiamate o lo smart working perché sono sovraccarichi e devono aumentare le loro capacità di calcolo. Poiché sono servizi essenziali, che vanno garantiti, anche se nelle grandi aziende tecnologiche come Google o Microsoft la gran parte del personale è a casa, gli addetti a questi servizi restano al lavoro».