Gds: “Sicilia. Gli effetti della guerra in Ucraina. Pesce e pizza: il caro tavolo è servito”
L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma sugli effetti della Guerra in Ucraina sull’economia.
No, ufficialmente non hanno ancora proclamato lo sciopero, come è accaduto e sta accadendo in altre marinerie d’Italia, ma in moltissimi hanno incrociato le braccia e spento il motore, perché la guerra di Putin ha fatto lievitare ancor di più il costo del
carburante, tanto che andare al largo per tutto il giorno, alla ricerca della materia prima per loro più preziosa, a conti di fatti può non convenire più. Stiamo parlano dei pescatori siciliani, «oggi in stato d’agitazione per le ricadute pesantissime del conflitto in Ucraina, che si stanno facendo sentire soprattutto nel segmento della pesca a strascico, dove le imbarcazioni, per lavorare, stanno in navigazione ore e ore, consumando tanto gasolio».
Parola di Giovanni Basciano, vicepresidente nazionale dell’Agci Agrital, Associazione generale cooperative italiane Settore agro-ittico alimentare, e presidente del Centro di competenza del Distretto pesca di Mazara del Vallo, che «tra le criticità pregresse del comparto e il prezzo della benzina e del gasolio, arrivato alle stelle e con tutta probabilità destinato a crescere ulteriormente», intravede il rischio crisi per centinaia di aziende, «quantomeno per le più piccole e meno strutturate», dunque per migliaia di addetti, «non solo quelli che salgono nei pescarecci, ma anche per i lavoratori impiegati nella filiera», da un capo all’altro dell’Isola. Da Portopalo di Capo Passero, nel Siracusano, fino alla marina di Porticello, nel Palermitano, dove in questo momento, spiega Giuseppe D’acquisto, direttore di una grande cooperativa del luogo associata ad Impresapesca-Coldiretti, «l’80% delle 250 flotte iscritte è fermo, perché con il gasolio a 1,30 al litro è economicamente insostenibile svolgere attività di strascico.
Difatti, oggi partono solo le piccole unità, le barche che lavorano sottocosto con ridotti consumi di carburante. Viceversa, tutti i pescarecci da strascico, che di solito stanno fuori con il motore acceso per 16 ore al giorno consumando almeno mille litri di gasolio, restano omaggiati al porto, perché tra caro carburante, contributi previdenziali, spese per le attrezzature, paga per i quattro o cinque addetti necessari per una battuta di pesca, difficilmente si arriva a guadagnare qualcosa. Di questi tempi, per fronteggiare tutte le uscite, ci vorrebbero almeno cinquemila euro di pescato al giorno. Ma questi margini non ci sono».