L’edizione odierna del “Giornale di Sicilia”, riporta le parole dell’attaccante del Palermo, Giovanni Ricciardo. Sei gol in sette presenze. Prima di lei, c’era riuscito solo Gianni De Rosa, che in Serie B fu capocannoniere: c’è voglia di ripercorrere le sue orme? «Conosco la sua storia e fa piacere essere accostato a lui. È l’ambizione di ogni calciatore lasciare il segno nelle squadre in cui gioca e sarei ipocrita se dicessi che non mi sento onorato per ciò. Sono consapevole di aver iniziato la stagione con il piede giusto, ma non ho e non abbiamo ancora fatto niente». Lei, come il Palermo, non era mai partito così forte in carriera. È più la voglia di rivalsa o la consapevolezza di essere più forti? «Principalmente la prima,perché è giusto essere consapevoli della propria forza, ma non basta per battere gli avversari. Nel calcio non sempre vince chi è più forte tecnicamente, ma chi ha la mentalità giusta e grande attitudine al sacrificio. Non bastano i piedi buoni, è fondamentale la testa per avere una marcia in più rispetto agli altri». Intanto si è sbloccato in trasferta… «Credo sia stata solo una coincidenza, ogni gol nasce da una determinata situazione di gioco e non credo sia influente se giochiamo in casa o fuori. Ad ogni modo fa piacere aver cancellato anche questo zero, ma avrei messo la firma per segnare solo in casa e vincere fuori con i gol dei miei compagni » . L’abbraccio di gruppo con tutta la squadra, dopo il suo gol a Biancavilla, è la fotografia di questo Palermo? «Avevamo preso gol dopo soltanto 20 secondi ed abbiamo reagito immediatamente ribaltando il risultando. Quell’abbraccio testimonia intanto la grande unione del gruppo che si vede soprattutto nelle difficoltà e nel modo di superarle. Siamo una squadra molto unita anche fuori dal campo e si vede». Vedere Pergolizzi in panchina e al campo con le stampelle vi responsabilizza ulteriormente? «Sì, è un combattente come tutti noi e come tutti noi vuole vincere ogni partita. Lavoriamo duro ogni giorno per questo, a volte anche il lunedì mentre le altre squadre riposano. Siamo consapevoli che tutti questi sacrifici possono guidarci all’unico obiettivo che abbiamo». Tre punti col Licata possono già valere la fuga? «Non pensiamo alla classifica, ai risultati delle altre squadre e men che meno ascoltiamo le parole degli avversari su di noi. Pensiamo soltanto a noi stessi come è giusto che sia. Rispettiamo ogni avversaria ma non abbiamo paura di nessuno e non dobbiamo staccare la spina fino al 3 maggio, sarebbe un errore madornale». L’intesa con i compagni di reparto, sia i più esperti che i più giovani, come procede? «La nostra rosa è molto ampia e non ci sono riserve, ma solo potenziali titolari. È naturale trovare l’intesa con tutti, soprattutto all’interno dello stesso reparto. Per quanto riguarda i giovani, ognuno ha sempre ricevuto consigli dai compagni più esperti. Nello spogliatoio nonsi imparasoltantoa comestareincampo maanche avivere fuori, a sapergestire le pressioni, a non montarsi la testa». Il Ricciardo «palermitano» che tipo è? «A me piace molto viaggiare e visitare luoghi che non conosco, ma quando non mi alleno preferisco recuperare le energie rilassandomi a casa. Però giro anche la città e quando per strada vedo bambini emozionati per farsi una fotografia con me mi emoziono anche io, è una sensazione incredibile, è questo il bello del calcio ma è anche una responsabilità, perché ogni calciatore deve essere consapevole di essere un esempio per i giovani e non bisogna dimenticarlo mai». La sua compagna Melissa è pure una calciatrice, in casa si vive di calcio o si stacca la spina? «Il calcio è una parte fondamentale della mia vita ma non è tutto. Quindi no,a casa non si vive di calcio, è giusto separare gli ambiti e riservare alla famiglia e agli affetti le medesime attenzioni ed energie di quando mi alleno ogni giorno». Tra le sue passioni c’è la chitarra: 15 anni fa, per la promozione del Palermo in Serie A, i gemelli Filippini suonarono.Perla promozione in Serie C è disposto a fare altrettanto? «Non penserò neanche alla prossima gara fino a domenica sera, figuriamoci se penso adesso ad una ipotetica festa promozione. Battute a parte, amo suonare la chitarra, mi rilassa e mi fa stare bene, ma ammetto che suonarla davanti a 30 mila persone potrebbe farmi tremare le gambe in un campo di calcio per la prima volta»