L’edizione odierna del “Giornale di Sicilia” si sofferma sull’emergenza Coronavirus. In ventidue istituti penitenziari, da nord a sud, si sono verificate sommosse. Oggi, nelle carceri, ci sono più detenuti di quelli che le strutture penitenziarie dovrebbero ospitare: con la conseguenza che i detenuti sono costretti a condividere tra loro spazi angusti e ciò anche in piena emergenza sanitaria. Ciò significa che, una volta contagiato un detenuto, nel giro di pochi giorni tutta la popolazione di un istituto penitenziario sarà affetta da Covid-19, perché le strutture non consentono il rispetto, ad esempio, della prescrizione di mantenere almeno un metro di distanza tra detenuti. Non si possono attendere nuovi morti in carcere (sono bastati già quelli di chi protestava) per intervenire, anche perché in questo caso la responsabilità non sarà del Covid-19, ma di chi non ha fatto nulla per impedire una morte già annunciata. Aspettiamo, quindi, un nuovo invito per i detenuti: «andate e restate a casa». Un paese è civile se sa garantire, senza incertezze, la salute di tutti i cittadini, anche di coloro che si è accertato o si presume che abbiano violato la legge, perché i cittadini sono e restano sempre tutti uguali.