L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma su alcuni arresti per mafia.
«Come sei combinato? Che cosa vuoi fare? Vuoi stare accanto a me?». Il boss Filippo Annatelli, 58 anni, impegnato a riorganizzare la famiglia di corso Calatafimi, incontrava a quattr’occhi chi era appena uscito dal carcere. Magari nell’agenzia di pompe funebri messa a disposizione per i summit. E lì il reggente sondava il terreno, cercava di avere disponibilità per il grande business della droga da rimettere in piedi.
Lui parlava ma i carabinieri registravano tutto. Si è chiuso ieri con sette condanne e tre assoluzioni il processo col rito abbreviato scaturito dall’operazione Eride del 21 luglio dello scorso anno, contro la rete di trafficanti e spacciatori che avrebbe operato per conto della cosca. In tutto oltre ottant’anni di carcere, quelli inflitti dal Gup Simone Alecci ed è un verdetto severo, al netto della riduzione delle pene prevista dal rito alternativo.
La condanna più pesante è stata inflitta proprio ad Annatelli, riconosciuto come esponente di spicco della famiglia mafiosa di corso Calatafimi. Stangata anche per Salvatore Mirino (14 anni) che gli inquirenti indicano come affiliato a Cosa nostra e suo principale braccio destro. E, ancora, 12 anni per Giuseppe Massa, detto Chen; 11 anni e 8 mesi ciascuno per Paolo Correnti, detto Mezzaricchia, e Francesco Li Vigni, detto testa i chiummu; 9 anni a Giovanni Johnny Granatelli e due anni a Ferdinando Giardina, quest’ultimo rimesso in libertà dopo il verdetto che lo ha riconosciuto colpevole solo per una cessione di hashish. Assoluzione, invece per Enrico Scalavino.