L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma sull’omicidio di Burgio.
Mafia e premeditazione, due aggravanti da ergastolo per l’omicidio di Emanuele Burgio alla Vucciria. Le hanno contestate gli inquirenti ai tre arrestati nell’avviso di conclusione indagine, l’atto che in genere precede il rinvio a giudizio. Inchiesta dunque conclusa neanche un anno dopo l’omicidio, avvenuto nella notte del 30 maggio 2021. Poche ore dopo vennero arrestati Domenico Romano assieme al fratello Matteo e al figlio Giovan Battista, che da allora sono in carcere e tra breve dovrebbero comparire davanti ai giudici della corte di assise.
Domenico è stato l’unico a confessare, fornendo la sua versione del fatto di sangue e indicando anche il movente. Dietro quella sorta di spedizione punitiva conclusa nel modo più tragico ci sarebbe stato, a suo dire, solo un precedente screzio per un banale litigio stradale. La procura invece la pensa in modo ben diverso, quell’agguato rientra comunque in un contesto mafioso e anche le modalità dell’uccisione secondo l’accusa è avvenuta seguendo le modalità tipiche di Cosa nostra.
Le dichiarazioni di Romano, secondo chi indaga, servivano soltanto a tutelare il figlio. In base a quanto ricostruito dalla polizia, gli autori dell’omicidio giunsero in via Cassari con altri 6 uomini a bordo di 4 scooter provenienti da via dei Chiavettieri. Le immagini della videosorveglianza di un locale nei paraggi hanno immortalato tutta la scena: a fare fuoco è un uomo calvo, individuato in Matteo Romano. Ma ad armare la mano sarebbe stato il nipote, Giovan Battista, ripreso mentre porge la pistola allo zio subito dopo l’aggressione ai danni di Burgio.