Brutta grana per la polisportiva Calcio Sicilia, infatti secondo quanto riporta l’edizione odierna del “Giornale di Sicilia” c’è un’inchiesta sugli impianti della polisportiva di Via La Loggia. Che i campi fossero del tutto abusivi, che spogliatoi e strutture annesse fossero fuori norma, che mancasse l’agibilità dell’impianto sportivo, che le tasse comunali non venissero regolarmente pagate, l’Asp 6 lo ha appreso solo grazie a un esposto anonimo. Un signore molto bene informato ha fatto scattare l’allarme e l’inchiesta della Procura e dei carabinieri, ma soprattutto ha messo ad alto rischio la permanenza dei sei terreni di gioco di calcio e calcetton della Polisportiva Calcio Sicilia, ospitati all’interno della struttura dell’ex manicomio di via Pindemonte e via La Loggia.
Lì c’è una delle sedi principali dell’Azienda sanitaria provinciale, oggi diretta da Daniela Faraoni: l’ex ospedale Pisani è praticamente «la casa» dell’Asp ma nessuno sapeva niente, nessuno conosceva i dettagli e tutto andava avanti così, senza alcun controllo, come emerge da verbali interni oggi acquisiti dagli investigatori e da cui emerge una realtà pirandelliana. La manager ha così avviato una indagine interna, ma ha dovuto pure rispondere alle sollecitazioni della magistratura, avanzate attraverso i carabinieri, e dello stesso Comune, riguardanti il Calcio Sicilia, che da anni affitta i propri campi agli sportivi, a pagamento, ma mettendoli gratuitamente a disposizione dei disabili seguiti dai Servizi dell’Asp. L’associazione però non avrebbe alcun permesso reale di stare lì ed è in corso una causa civile per sfrattarla.
Perché è vero che ci sono contratti di locazione stipulati con privati, dall’allora azienda Unità sanitaria locale, a partire dal 1997, che la Polisportiva ha registrato un paio di contratti nel 2004 e nel 2008, è vero che ci fu un bando per riaffittare ad altri, risalente al 2014. Ma è anche vero che la struttura sorge in un’area definita terreno agricolo (sottoposta a «locazione non finanziaria»), in parte sottoposto a vincolo monumentale storico, per un altro pezzo parco urbano, soggetto pure a rischio idrogeologico.
Insomma, un pasticcio senza pari, che per ora vede un fascicolo giudiziario aperto con l’ipotesi di abusi edilizi. Lo stesso Comune se n’è accorto grazie al dettagliato anonimo: il settore Tributi dell’amministrazione di Palazzo delle Aquile ha dovuto fare ricorso addirittura al programma Google Earth, per effettuare le «verifiche tributarie» e per «constatare la presenza di sei campi di calcio e calcetto e verosimili ulteriori costruzioni, destinati ad attività sportive». Si tratta di più che verosimili spogliatoi e locali adibiti a docce e servizi igienici, per ora off limits, a causa del pericolo del Coronavirus, ma perfettamente efficienti quando l’inchiesta si mise in moto. Ed è stato così che l’Asp si è accorta che c’era pure «un punto di ristoro privo di titoli abilitativi per la preparazione e somministrazione di alimenti e bevande», chiuso lo stesso giorno del controllo (a giugno scorso) e oggetto di una multa da tremila euro, elevata dall’autorità sanitaria, cioè dalla stessa Asp.
Roba (quasi) da non credere, perché tutto – al di là delle verosimiglianze di cui parla il Comune – avveniva alla luce del sole, e anche con la luce dei riflettori: da anni in via La Loggia si gioca a pallone, ma l’Asp tardivamente ha rilevato «l’assenza di certificazione di agibilità, del parere di conformità dell’impianto, rilasciato dal Coni, e dell’analisi in autocontrollo delle acque di distribuzione nella struttura». C’è pure una tribuna in acciaio da 98 posti e la società ne aveva chiesto l’agibilità il 23 settembre 2015. L’Asp sta controllando se l’abbia poi mai ottenuta.
Traspare evidente, pur nell’apparentemente asettico linguaggio burocratico, l’irritazione del direttore generale, che contesta ai suoi uffici («nessuna articolazione aziendale»), di non avere mai rilevato l’abusivismo delle opere realizzate. Un dirigente legale ricorda che l’ultimo contratto di locazione è del 2008 e che nel 2014 fu offerta in locazione l’area di 20 mila metri quadrati, pure munita di «parcheggio e ampia zona verde pineta, che lasciava presupporre la regolarità delle opere realizzate, oltre alla circostanza che il procedimento civile in corso era di sfratto per finita locazione». Presupporre, si badi bene. Incredibile, dunque. Mentre l’Asp indaga, il Comune, l’altro soggetto ignaro, rileva che «tale stato di fatto risulterebbe non corrispondente ai dati desumibili dai mappali e dai catastali». E poiché il «classamento catastale dell’immobile» e «l’autonomia reddituale e funzionale del complesso sportivo» non sono dimostrati, è l’Asp che risponde di tutto. Per questo Palazzo delle Aquile chiede all’azienda l’aggiornamento dei dati, inviando gli atti alla Guardia di Finanza. L’Asp ha nominato un tecnico di fiducia, la procedura è in corso. Rimane la domanda di fondo: come si poteva non sapere una cosa del genere?».