L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma sul delitto di Celesia a Palermo.
Freddezza, probabile figlia dello sgomento per l’accaduto, e tristezza per i tanti ricordi. Le anime del Cep si dividono nelle ore successive all’omicidio del ventiduenne Rosolino Celesia: nel quartiere per il momento in pochi hanno voglia di parlare e ricordare il ragazzo su cui tutti nutrivano grandi speranze per un futuro da calciatore di Serie A. Il clima nel quartiere è freddo, così come anche spiega don Salvatore Petralia, parroco della chiesa di San Giovanni Apostolo, punto di riferimento per i tanti abitanti della zona.
«Per il momento ho notato freddezza – ha raccontato – non sapendo a cosa possa essere dovuta: non so darmi una spiegazione, probabilmente deriva dalla confusione, dal disorientamento che la gente sta provando. Cosa possa aver spinto un diciassettenne ad impugnare una pistola e sparare? Se così dovessero essere andate le cose tutto arriva dalla povertà educativa che attraversa i quartieri della nostra città». Tutti conoscevano Rosolino, ma in chiesa non era mai andato: «Non è mai stato un nostro parrocchiano – prosegue don Salvatore – alcuni suoi cugini piccoli frequentano il nostro oratorio e le attività che portiamo avanti. Anche la madre, per qualche anno si era avvicinata a noi ma nulla di particolare».
Se il Cep in generale per il momento reagisce con distacco, non si può dire lo stesso dell’istituto Saladino. La scuola, unico punto di riferimento istituzionale all’interno del quartiere, è scivolata nella tristezza: il ragazzo ha frequentato tutte le classi dall’infanzia fino alle scuole medie tutti i professori ancora oggi lo ricordano con
grande affetto. «Quando abbiamo saputo la notizia – racconta Giusto Catania, preside della struttura in via Barisano da Trani – siamo rimasti sconvolti. Inizialmente non lo abbiamo neanche riconosciuto in fotografia. La sua immagine per noi era quella di qualche anno fa, un ragazzo alto, atletico. Siamo tutti distrutti»