L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma sulla vicenda di alcuni boss che gestivano il mercato della droga.
Il capomandamento di Pagliarelli ha la residenza a Riccione ma i depositi dell’hashish e della cocaina gestiti dai suoi uomini fra via Basile, via Zancla e via Ughetti. Giuseppe Calvaruso, 45 anni, il geometra con interessi nell’edilizia e nella ristorazione (sarebbe stato il vero padrone del ristorante Carlo V di piazza Bologni che ospitava con tutti gli onori il boss Settimo Mineo), quando venne arrestato nell’ambito dell’operazione Brevis dello scorso aprile, tornava dal Brasile per incontrare i familiari a Pasqua.
In città lo gnometto, come Calvaruso è stato nominato per i suoi 165 centimetri, aveva lasciato però il suo fedelissimo e prestanome, Giovanni Caruso, 50 anni, a tenere aperti i canali per far arrivare la droga (a fiumi) grazie ai contatti con napoletani e calabresi. Sono otto le misure cautelari emesse dal Gip Piergiorgio Morosini, appena nominato dal plenum del Csm alla Procura generale delle Cassazione, su richiesta del procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dei sostituti Dario Scaletta e Federica La Chioma, che danno un’ulteriore conferma del sistema su cui poggia la capitale della droga e come i mafiosi sappiano tenere attivi i canali per non far mancare gli approvvigionamenti per un mercato che non conosce crisi.