L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma sul blitz dei carabinieri contro la mafia di Bagheria.
Non presentandosi all’appuntamento chiarificatore organizzato dal padre con Massimiliano Ficano, Fabio Tripoli non sapeva che aveva appena firmato la sua condanna a morte. Una condanna sventata dall’operazione Persefone dei carabinieri che lunedì ha portato agli otto fermi, firmati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Gaspare Spedale e Giorgia Righi. Otto fermi, tra i quali quello di Massimo Ficano, al comando del clan che controllava il territorio di Bagheria.
L’incontro mancato. Tripoli, con i suoi comportamenti, era ormai diventato una scheggia impazzita, ma soprattutto una minaccia alla leadership di Ficano a Bagheria. Per questa ragione, le spedizioni punitive non bastavano più. «L’attacco al potere» di Tripoli, come si legge dalle carte dell’inchiesta, non è più tollerabile. Eppure, un tentativo di ricucire i rapporti tra Ficano e Tripoli viene fatto nella seconda metà di agosto da Giovanni Tripoli, padre di Fabio, come emerge da un’intercettazione ambientale. «No, ti volevo dire questo. Domani te lo porto», afferma Giovanni Tripoli, riferendosi al figlio e rivolgendosi a Massimiliano Ficano, il quale risponde: «E portamelo, che gli voglio parlare davanti a te».