L’edizione odierna del “Giornale di Sicilia” riporta le dichiarazioni di Francesco Vitale, ordinario di Igiene e medicina del lavoro al policlinico «Paolo Giaccone» di Palermo, e i suoi collaboratori. Professore, la sindrome da Coronavirus non è più soltanto cinese. Cosa dobbiamo aspettarci in Sicilia? «Nessuno può dirlo con esattezza: stiamo subendo l’inizio di un’onda d’urto che durerà ancora diverse settimane». Quello accaduto in Lombardia succederà anche in Sicilia? «Non credo a quei livelli. Quella regione s’è trovata impreparata a fronteggiare questo contagiosissimo virus. L’epidemia è partita da Nord ovvero dalle regioni, da un punto di vista di Sanità pubblica, più organizzate. La loro dura esperienza ha permesso di mettere a punto strategie di contenimento che adesso ci danno qualche piccolo vantaggio che non dobbiamo perdere. Se, invece, fosse iniziata al Sud, sarebbe stata un’ecatombe». Meno di due mesi fa si diceva che era poco più di un’influenza? «Conosciamo già tanti “cugini” Coronavirus umani del Covid-19 che non hanno questo grado di pericolosità. E l’influenza fa migliaia di vittime ogni anno ma non se ne parla quasi mai e non si assiste ad alcuna scena di panico». Allora perché questo spaventa? «Grave e pericoloso nei numeri non nella realtà intrinseca della malattia. Nell’80% dei casi si manifesta con una blanda sintomatologia febbrile mentre nel restante 20% si sviluppa una polmonite interstiziale che determina, a sua volta, complicanze che, in un 5% dei casi, necessitano cure intensive in rianimazione. Tuttavia, se il denominatore diventasse molto grande, come successo in Lombardia, anche queste che possono sembrare piccole percentuali, si trasformerebbero in un numero enorme: il contenimento dell’escalation dipende da noi. A differenza di altre forme virali, in questo caso, siamo tutti suscettibili perché è un virus nuovo». C’è già stato il picco dell’epidemia? «Potremo saperlo solo alla fine della diffusione del contagio. Certamente siamo in una fase ascendente. Quanti casi si verificheranno, nessuno può saperlo. Personalmente, credo che le misure messe in atto dovrebbero far sì che l’ascesa del numero dei casi possa essere spalmata in un tempo medio-lungo (6-10 mesi?) in modo da contenere il numero dei casi più gravi e quindi avere la possibilità di assisterli al meglio delle nostre possibilità». Tutti dovrebbero sottoporsi al tampone? «Assolutamente, no: si rischierebbe di ingolfare i laboratori con migliaia di test negativi e trascurare o ritardare le risposte per chi davvero ha l’infezione. Sì al tampone solo per chi ha una sintomatologia suggestiva di potenziale infezione ovvero una polmonite non batterica ma con parametri di laboratorio coerenti con un’infezione virale. Gli asintomatici che sono stati a stretto contatto con un caso accertato di Coronavirus, invece, a casa in autoisolamento. Faranno il tampone a una settimana dall’ultimo contatto visto che il contagio si manifesta, nella maggior parte dei casi, dopo 5/6 giorni. Anche con risultato negativo, lo si ripeterà dopo un’altra settimana. Dalla quarantena presso il proprio domicilio, per decreto, sono esclusi gli operatori sanitari e chi lavora nei servizi di pubblica utilità che continueranno a prestare la loro opera a meno che diventino sintomatici e/o positivi al tampone faringeo».