L’edizione odierna del “Giornale di Sicilia” si sofferma sull’emergenza Coronavirus. Uno, due, tre… sono lunghi quaranta secondi che trascorrono a mezza mattinata senza vedere passare nemmeno una macchina in quello che abitualmente è un percorso da traffico infernale. Ma corso Alberto Amedeo è così – come il resto della città, come il resto della Nazione – in queste giornate asserragliate per combattere un nemico invisibile, talmente infinitesimale che darne la misura è difficile alla comprensione. Il serial killer che passa di bocca in bocca, uccidendo persone e devastando gli equilibri del mondo, è lungo 140 nanometri, cioè 140 miliardesimi di metro tanto per dare un’idea. In realtà – spiegano gli esperti – nemmeno troppo piccolo (e dunque troppo leggero) nell’universo microscopico dei virus, tanto è vero che tende a depositarsi velocemente sulle superfici. Quella che viviamo, ormai, è una città spolpata di uomini e macchine, ogni giorno che passa più spettrale e solitaria. Ieri si è vissuta l’attesa spasmodica per i risultati di un tampone faringeo che il sindaco, Leoluca Orlando, ha dovuto fare per accertare se anche lui fosse stato contagiato dal Covid-19. L’attesa era anche per un consigliere comunale: si è reso necessario un controllo perché un suo stretto congiunto è già acclarato abbia contratto il Coronavirus. Ma in serata per tutt’e due (e a catena per tutti gli inquilini di Sala delle Lapidi e coloro che erano venuti in contatto con loro in questi giorni) la tensione si scioglie: è tutto ok, nessuna presenza del virus, risultati dei tamponi negativi. Forse andranno ripetuti, ma intanto si tira un sospiro di sollievo. Le strade di Palermo sembrano il set appena montato per un regista in attesa di girare. E in questa condizione – non c’è niente da fare – è quasi un privilegio potere «assaporare» la città nuda, deserta, spopolata, introversa, silenziosa.