Gds: “Incubo Coronavirus. Dall’inferno i siciliani che resistono al contagio… della paura. ll racconto di Dario Massara, telecronista di Sky «Io nella Milano che non pulsa e che si è nascosta»”
L’edizione odierna del “Giornale di Sicilia” riporta il racconto di Dario Massara, telecronista palermitano di Sky che vive a Milano: “Sulla credenza ho ancora i fogli stampati. Sono il frutto della preparazione della telecronaca di Atalanta-Sassuolo, programmata inizialmente per domenica 23 febbraio. Poi rinviata al 18 marzo. Poi rinviata a data da destinarsi. Praticamente lo stesso destino di qualsiasi altro appuntamento. Ci tenevo a commentare quella partita, l’Atalanta è la squadra del momento, poi Gasperini contro De Zerbi sarebbe stato spettacolo assicurato. Quei fogli lasciati lì sono lo specchio del momento che stiamo vivendo. Bloccati, freezati, fermi ad un mese fa. Da quando qualcosa è cambiato. Prima la chiusura delle scuole, poi lo stop del campionato, quindi la serrata quasi completa. E un ambiente, quello in realtà più familiare, che diventa l’unico posto in cui stare e da cui non allontanarsi: casa. Che ormai da quasi 15 anni è Milano. Da quando ho lasciato Palermo per inseguire il sogno di una vita: diventare un telecronista. La città la conosco abbastanza bene, ma in questo periodo fatico a riconoscerla. È nascosta, non pulsa come è abituata a fare. Non riesce ad offrire quello a cui tutti ci siamo abituati: possibilità. Di qualsiasi genere. È chiusa. Come i suoi negozi, i suoi ristoranti, i suoi cinema, i suoi teatri, le sue discoteche, le sue passerrelle di moda. Niente sfilate infatti. Niente concerti. Niente mostre. E niente partite. E dire che qui ultimamente non c’erano solo Milan e Inter ma anche la Champions dell’Atalanta. Ma onestamente il calcio non può essere il primo pensiero, e nemmeno il secondo. Mi manca sì, mi manca tanto perché per me non è solo professione ma è soprattutto passione. Ma adesso apro il giornale non per controllare le probabili formazioni ma per aggiornare i numeri terribili che mi tocca leggere ogni giorno. Quelli nazionali certo ma anche quelli locali, che sono preoccupanti. Perché Milano, con Bergamo e Brescia, è stata scelta dal virus come una delle zone preferite per mettere radici e seminare dolore. Non ci resta che resistere e aspettare. E combattere. Come? Per esempio inventandosi un gioco al giorno per far distrarre una bimba di 7 anni che ogni tanto si fa prendere da qualche momento di sconforto. Non va a scuola da settimane, non vede i suoi compagni e i suoi amici se non grazie a qualche videochiamata, ormai non va più nemmeno al parco sotto casa. Ha bisogno di qualche abbraccio in più per essere confortata da una situazione che ormai capisce ma non giustifica. Soprattutto da quando le ha fatto saltare la festa del compleanno…Un altro modo di combattere è lavorare, si certo non posso farlo da una cabina di commento di uno stadio, che è nettamente la cosa più bella del mondo, ma da casa sì. Dando una mano ai colleghi rimasti in sede per mandare avanti il telegiornale, scrivendo un articolo o cercando notizie che è pur sempre l’obiettivo di questo lavoro. Insomma lo smart working funziona, come mi dimostra mia moglie che dalle 9 alle 18, tranne la pausa pranzo, non si stacca da questo pc. E la libera uscita? Solo per fare la spesa. Che da qualche giorno non è più la scontata operazione quotidiana, ma una piccola impresa. Perché devi armarti di guanti e mascherina e soprattutto di pazienza. Quella che ti serve per sopportare la lunga fila davanti alla porta del supermercato. Coda resa ancora più lunga dal metro di distanza. Andrà tutto bene. A sentirla nei film americani sembrava la solita, scontata, frase di incoraggiamento. Adesso invece è un grido di speranza. Perché sì, andrà tutto bene. Resta solo da stabilire quando”.