L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma sulla questione del «dottore della mafia».
Un ritorno in grande stile nella sostanza, ma senza troppo clamore. Perché Giuseppe Guttadauro non voleva rimanere nuovamente incastrato nelle maglie della giustizia dopo essersi rifatto una «vita» nel suo esilio forzato e (dorato) a Roma. La droga, allora, poteva essere un modo per ricominciare con un «rischio calcolato». È il quadro che emerge da un nutrito gruppo di conversazioni che fanno parte dell’ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari Claudia Rosini che ha invece mandato agli arresti il «dottore della mafia» ed il figlio Carlo. È lo stesso ex chirurgo dell’ospedale Civico a cercare di tessere la trama di un articolato traffico internazionale di stupefacenti, puntando su un personaggio di spicco della criminalità albanese, lo stesso al quale chiede pure la laurea fasulla in odontoiatria per il figlio.
Bisognava però capire come fare sbarcare poi i carichi in Italia e qui, in un primo momento, sarebbe dovuto entrare in gioco il complice che faceva l’assistente di volo per l’Alitalia. Ma l’idea di trasformarlo in corriere con 10 chili di hashish a viaggio non era risultata fattibile. Un carico di stupefacenti era stato da poco intercettato all’aeroporto di Fiumicino su un aereo di linea in partenza da Buenos Aires, che arrivava in Argentina alle 3 del mattino e ripartiva all’una per fare rientro in Italia: in quella circostanza i trafficanti, agevolati dal fatto che l’aeromobile durante la sosta rimane incustodito, erano saliti a bordo occultando il pacco dietro la paratia della cabina di pilotaggio, poi rinvenuto all’atterraggio.
Era scattato l’arresto di un membro dell’equipaggio. Quindi lo steward poteva essere usato per consegnare il denaro per la fornitura della merce ad un referente una volta atterrato in Brasile, rassicurandolo sul fatto che nessuno avrebbe sospettato di lui. «Non sono un esperto, ma 200 o 300 mila euro – aveva detto – è facile portarli perché all’aeroporto di Roma la filigrana non la vedono ai controlli… Ecco una cosa è da guadagnare un po’ di soldi, per quelle cose che occorrerà fare…Se però non c’è da rischiare niente». Lo steward si era reso disponibile, quindi, a fare le «cose che li avrebbero resi ricchi. Sempre che non mi aspettano con i mitra e mi ammazzano in aeroporto». La regia al banchetto di nozze Il matrimonio per avere il permesso di tornare in città e Guttadauro ne approfitta per parlare con i sodali della famiglia della Roccella e organizzare il business del narcotraffico con un respiro più internazionale e meno locale, visto lo stato di Cosa nostra: «Qua non ci erano situazioni meritevoli di interesse, qua solo chiacchiere ci sono», concordano i sodali. Attraverso l’albanese, Guttadauro sarebbe stato in grado di fare proposte concrete agli amici ai quale chiedeva se avessero già un contatto in Colombia visto che lui poteva «mettere su un traffico di fumo con gli albanesi che erano organizzati e che erano migliori dei calabresi», ai quali per il momento non voleva rivolgersi.