Gds: “Estorsione, tre anni e mezzo a Miccoli. L’ex capitano rosanero ora rischia di finire in carcere”
L’edizione odierna del “Giornale di Sicilia” si sofferma sull’ennesima sentenza sfavorevole nei confronti di Fabrizio Miccoli, ex capitano del Palermo. Se non arriva un goal in zona «Cesarini», in questo caso con una sentenza diversa della Cassazione, allora Fabrizio Miccoli, ex capitano del Palermo e bandiera rosanero, rischia seriamente di finire in carcere. Ieri la prima sezione della Corte di appello lo ha condannato a 3 anni e 6 mesi per estorsione aggravata dal metodo mafioso, confermando così la sentenza di primo grado emessa con il rito abbreviato. E con una pena del genere, qualora non ci fossero novità nel terzo grado di giudizio, per Miccoli sarà impossibile evitare la reclusione per una condanna che tra l’altro prevede l’aggravante di mafia. Ieri pomeriggio la corte dopo tre ore di camera di consiglio ha accolto la tesi dell’accusa, nel frattempo Miccoli aveva già lasciato l’aula perché doveva riprendere l’aereo per la Puglia. Miccoli sta pagando a caro prezzo rapporti di frequentazione assidua con personaggi legati a esponenti di Cosa nostra, contatti ambigui con il figlio di un mafioso latitante per recuperare un credito e poi la famosa frase su Falcone, definito «un fango». Parole che l’ex numero 10 rosanero pensava che mai nessuno avrebbe ascoltato, invece il suo interlocutore, Mauro Lauricella, figlio di Antonino detto u scintilluni, boss della Kalsa allora latitante, era intercettato da mesi dagli investigatori della Dia. Quella frase sciagurata, peraltro detta proprio mentre stava passando con la sua macchina davanti all’abitazione di via Notarbartolo dove visse il giudice ucciso dalla mafia, ha avuto un peso non indifferente nel processo ed ha fornito una immagine radicalmente diversa dell’ex calciatore. A nulla sono poi valse le sue scuse, pronunciate tra le lacrime. Il sostituto procuratore generale Ettore Costanzo fra gli elementi utilizzati nella requisitoria ha citato non solo questa frase ma pure altri vocaboli che Miccoli utilizzava abitualmente nelle conversazioni per qualificare alcuni personaggi, come «sbirri» e «carabinieri». L’ex calciatore rispondeva di estorsione aggravata dall’agevolazione di Cosa nostra, perché avrebbe indotto un suo amico, Mauro Lauricella, figlio del boss della Kalsa Antonino, a fare pressioni sull’imprenditore Andrea Graffagnini, debitore di 12 mila euro nei confronti di un ex fisioterapista del Palermo, Giorgio Gasparini. Dietro la vicenda c’era il cambio di gestione di un locale notturno di Isola delle Femmine, il «Paparazzi». Mauro Lauricella è stato condannato, in primo grado, con il rito ordinario, ad un anno per violenza privata ma in secondo grado la sentenza è stata ribaltata completamente e per lui è arrivata una pesante condanna a 7 anni per estorsione. Graffagnini ha sempre negato la fondatezza delle pretese della sua controparte – da cui aveva rilevato la titolarità della discoteca, della quale era stato comproprietario di fatto anche l’ex difensore rosanero Andrea Barzagli, che poi ha chiuso una grande carriera il mese scorso alla Juventus. E così Gasparini si era rivolto a Miccoli. Che a sua volta, sempre secondo l’accusa, si era rivolto in «pressing» a Lauricella. Nella vicenda era entrato pure un condannato al maxiprocesso, Gioacchino Alioto, che sarebbe stato chiamato da Lauricella junior per avere un supporto di peso, ma è stato assolto sia in primo che in secondo grado. Nel frattempo lo scorso anno si è preso una pistolettata nella pancia ed è vivo per miracolo. Dopo una serie di discussioni e perfino un summit nel retro di una bettola della Kalsa, Graffagnini si convinse. Pagò settemila euro, di cui duemila materialmente incassati. Solo una parte del suo presunto debito, ma che comunque per l’accusa basta e avanza per configurare il reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Uno dei legali di Miccoli, Gianpiero Orsino, annuncia il ricorso contro la sentenza. «Questo procedimento – dice – è iniziato in primo grado quando c’era già una richiesta di archiviazione da parte della Procura che è stata rigettata. Imputazione coatta, quindi. Oggi abbiamo una persona assolutamente estranea per fatti tanto gravi che non lo possono riguardare». Per l’altro legale dell’imputato, Giovanni Castronovo, Miccoli paga la frase offensiva pronunciata nei riguardi di Giovanni Falcone registrata durante l’inchiesta. «Faremo ricorso per Cassazione – dice – certi che almeno a Roma troveremo un giudice scevro da condizionamenti esterni che possa acclarare l’estraneità dell’ex capitano rosanero rispetto all’intera vicenda».