Gazzetta dello Sport: “Zeman: «Il mio calcio gioia e gradoni. Idea Cassano? Mai dire mai»”
“Godersi il suo calcio, al di là del risultato, è come rispondere alla propria coscienza, ben oltre l’aspetto materiale che domina la vita quotidiana. Zdenek Zemam è ripartito da Pescara, proponendo la sua filosofia, i suoi metodi e, sì, anche i suoi gradoni. Pure quelli, giusto per festeggiare ieri, alla ripresa degli allenamenti, il primo successo conquistato sul campo dalla squadra abruzzese. «Non cominciamo a parlare di sudore, dei sacchi pieni di sabbia – fa il boemo –. Io sono per i gradoni, altri sono per l’elastico. Continuo a sostenere che nel calcio si lavora molto meno che in tanti altri sport. E, quanto alla preparazione che seguo personalmente, non mi risulta che qualche mio giocatore, in questi anni, sia morto per la fatica. Certo, ormai, puntando quasi tutti sul possesso palla, pochi tecnici si preoccupano più della preparazione». Lei amerebbe il calcio di Zeman, anche se non arriva il risultato? «È giusto non fare confusione. Anche per me, è importante raggiungere il risultato. Solo che considero fondamentale arrivarci attraverso il gioco, il sacrificio negli allenamenti e soprattutto senza imbrogli». A proposito, al rientro dall’esperienza al Lugano, come ha trovato il calcio italiano? Crede che sia ancora «marcio», malato di doping e scommesse? «Spero che la lotta prosegua, c’è la volontà di debellare queste piaghe, che finiscono per influenzare i risultati. Dove girano tanti soldi, purtroppo si muovono molte persone che non agiscono correttamente, pur di perseguire i loro interessi». In tanti anni, quale sua partita le ha fatto aprire gli occhi, lasciandole dubbi? «AvellinoMessina e non dico altro». Finì 01, ottobre 2003. Nella goleada rifilata al Genoa, quattro reti avevano il marchio del suo calcio. È possibile che in tre giorni sia riuscito a trasmettere le sue idee al Pescara che ha ereditato da Oddo? «Il calcio è semplice. Il mio calcio è ancora più semplice. Ho passato solo i concetti di base, evidentemente i calciatori sono stati bravi a capirmi e a mettere in pratica tutto sul campo. Magari ora viene il difficile, perché dovrò cominciare a entrare più nei dettagli». Aveva già allenato Caprari nel Pescara e Verre durante un ritiro precampionato nella Roma. Possono essere loro due le chiavi di lettura utili ai compagni per comprendere i suoi messaggi tattici? «Non esageriamo, meglio non caricarli troppo. Magari si cullano poi sul fatto che conoscono bene il mio calcio e si distraggono. Certo, anche i nuovi mi hanno dato l’impressione di essere disponibili, pronti a seguirmi». Corsa-salvezza, c’è ancora uno spiraglio per il Pescara? «Finché l’aritmetica non ci condanna, dobbiamo sperare. E, d’altra parte, sperano pure Crotone e Palermo. Come per lo scudetto, pur favoritissima la Juventus, possono ancora crederci Roma e Napoli». Nella sua carriera, ha mai pensato di poter davvero vincere lo scudetto? «Certo. Alla guida di Lazio e Roma ero convinto di riuscire a lottare sino in fondo. Comunque, al di là dell’esperienza in tre squadre dove non ho raggiunto l’obiettivo prefissato, ovunque ho lavorato sono andato sempre ben oltre le aspettative di società e ambienti». A parte il suo pupillo Totti, quali sono i giocatori sui quali ha inciso di più? «Signori, poi Nesta, che arrivava dal settore giovanile, e Verratti, che ha avuto uno straordinario exploit». Verratti è finito nel mirino di Juventus e Inter. Gli consiglierebbe di tornare nel calcio italiano? «Saprà scegliere. Lo vedrei benissimo nel Barcellona, anche se nel Psg e a Parigi sta vivendo una splendida avventura». Cassano ha dichiarato: «con tante pippe che giocano in Serie A, io sto fermo…». Prenderebbe FantAntonio nel suo Pescara? «Ha ragione. Considerata la sua tecnica, pochi reggono il confronto con lui. Ma Cassano e Balotelli sono responsabili del loro destino: se hanno ottenuto meno di quanto potevano, la colpa è solo loro. Io allenatore di Cassano? Dovrei capire quanto posso ottenere da un giocatore come lui. Ma nella vita, mai dire mai». Zeman, sceglie Obama o Trump? «Obama ha fatto tanto, l’ho potuto apprezzare. Trump è solo all’inizio, per il momento può solo incuriosirmi. Ecco, mi piacerebbe intervistarlo, per scoprirlo a modo mio. Dovrà parlare con i fatti» Non sarebbe interessato a tentare un’esperienza in Cina? «Mah, non mi ci vedo. Qualche procuratore me l’ha proposto, però ho bisogno di lavorare in un certo modo con i calciatori. E in Cina non potrei creare il rapporto giusto con i giocatori. Per arrivare lì, poi, bisogna essere nel giro dei procuratori». Il calcio che l’ha ispirata e quello che la intriga adesso? «Kovacs e il suo Ajax. Ora il Barcellona. Anche se la Premier League mi piace per il “clima”, per come se la giocano. Prima Ranieri e ora Conte lì hanno fatto grandi cose». Nel suo percorso pallonaro, si è rimesso sulle sue tracce, tornando al Foggia, al Lecce, alla Roma e al Pescara. Le piacerebbe fare un altro passo indietro, in qualche club nel quale ha già allenato? «No, anche perché magari non avrei più tempo per farlo. Di occasioni, i presidenti me ne offrono poche. Eppure, continuerò a lavorare finché avrò entusiasmo». Chiara, sua moglie, sarà stata contenta di non vederla più in giro per casa… «Invece, no. Non le sono di impiccio, se non fosse per il fumo che non sopporta. Ma non parliamo di sigarette, non facciamo passare messaggi negativi. Perché, ragazzi, il fumo fa male! E io mi faccio male». Quale è il presidente al quale è stato più legato? «Casillo. Tra i tanti impegni che aveva, in quel Foggia lasciava fare a me e al d.s. Pavone. Si creò un rapporto stretto tra noi e il presidente».
Abbandonò il Pescara dopo averlo portato in A, per andare alla Roma, e la considerarono un traditore. Ma lei ha mai tradito un amore nel calcio? «A Messina mi proposero un contratto pluriennale, però preferii passare al Foggia. Più che un tradimento, si trattò di una scelta al termine di un vincolo annuale tra me e il club». Quale società si è arricchita di più con le cessioni di giocatori da lei valorizzati? «In tempi e valutazioni diversi, il Foggia e, in particolare, la Roma, che piazzò bene Lamela, Marquinhos e Osvaldo». Gli attaccanti più forti che ha avuto? «Tanti, non faccio nomi. Ma perché non parliamo dei difensori? Con me sono arrivati nelle nazionali Negro, Favalli, Nesta e Chamot»”. Questo quanto si legge su “La Gazzetta dello Sport”.