Gazzetta dello Sport: “Visibilità, moneta, voglia di business: ecco perché la Cina ci compra il calcio. Negli ultimi 2 anni i cinesi hanno speso 2 miliardi in squadre europee…”

“«Il presidente Xi Jinping ha tanti sogni, qui cerchiamo tutti di indovinare qual è quello vero». Sulla terrazza di una caffetteria francese vicina allo Stadio dei lavoratori di Pechino, Alice Yang ha l’aria disincantata. Ha vissuto a lungo in Italia ma da alcuni anni è tornata in patria a occuparsi di calcio e sa bene come funzionano le cose quaggiù. A ogni modo, sembra proprio che il sogno calcistico trasmesso al popolo – trasformare la Cina in una potenza del football in grado di organizzare, e possibilmente vincere, la Coppa del mondo – il leader della Repubblica popolare l’abbia elaborato davvero. Non ci sarebbe stato altrimenti lo sdoganamento politico alla campagna di conquista del calcio europeo. POVERO BIRMINGHAM Da un po’ di tempo i cinesi stanno piantando bandierine su bandierine sulla mappa del Vecchio Continente. Per la verità, l’apripista non è stato benaugurante: nel 2009 l’uomo d’affari di Hong Kong Carson Yeung acquistò il Birmingham finendo poi in carcere per riciclaggio, con la squadra retrocessa e in crisi, in attesa del passaggio di proprietà alla cinese Trillion Trophy Asia, che dovrebbe concretizzarsi nei prossimi giorni. Ma è da due anni che il Dragone ha preso a fare le cose sul serio: le spese in acquisizioni di club europei, pressoché concentrate tra il 2015 e il 2016, sfiorano i 2 miliardi di euro. Non sono tanti se li paragoniamo ai 20 miliardi che nel solo 2015 sono stati investiti complessivamente dai cinesi per comprare aziende in Europa, ma non sono affatto pochi per le dimensioni del settore di riferimento. Basti pensare ai venti di cambiamento che stanno soffiando in Italia, in una Milano calcistica desiderosa di rialzarsi: tra Inter (270 milioni da Suning) e Milan (520 da Sino­Europe Sports, che mira a completare il closing a novembre) l’impegno è di 790 milioni solo per l’acquisto delle azioni. CONSORZIO CITY Altrove, le operazioni sono state di minore entità, se si eccettua il caso del City. Beninteso, non solo il Manchester, ma l’intera galassia di multiproprietà che lo sceicco Mansour ha affastellato sotto l’insegna del City Football Group: Manchester, New York, Melbourne e il 20% dello Yokohama Marinos. Bene, il 13% di questa rete internazionale di squadre è stato ceduto per la bellezza di 360 milioni al consorzio formato da China Media Capital e Citic Capital, cioè da un colosso dell’intrattenimento e da una banca, in un abbinamento che spesso e volentieri si presenta perché associa il know how e le disponibilità finanziarie. Come nel caso dell’agenzia di diritti sportivi MP&Silva, il cui 65% è finito a Baofeng ed Everbright. Tra gli advisor di questa mega­operazione c’era James Tian della Cicc, incaricato dalla sua banca d’investimento di occuparsi proprio delle transazioni con l’estero, come svela il suo nome di battesimo: i cinesi che lavorano in ambiti internazionali scelgono un nome occidentale perché è più semplice da pronunciare e ricordare. Tian spiega: «Le ragioni per investire in un club straniero sono diverse: possono esserci motivazioni commerciali e di sinergia con altri club, come nel caso di Suning, che punta pure a importare le competenze acquisite in Europa; ma si può decidere di investire nel calcio, anche nel caso di società in perdita, per far soldi con attività collaterali. Senza trascurare il desiderio di visibilità e attenzione di alcuni ricchi cinesi, all’interno come all’estero». CASI EUROPEI In Inghilterra, a parte la quota di minoranza nel City e le peripezie del Birmingham, sono cinesi l’Aston Villa, il West Bromwich e il Wolverhampton. Non proprio big, tuttavia la patria del calcio­spettacolo sarà il terreno di caccia preferito in futuro, come assicurano gli esperti. «La Premier è un format vincente, con il boom dei diritti tv, e poi in Inghilterra vengono incoraggiati gli investimenti stranieri, ci sono benefici fiscali e leggi semplificate», dice Tian. Il prossimo colpo potrebbe essere il Liverpool, nelle mire del già citato fondo statale Everbright. Se in Germania vige la regola del 50%+1 che vieta le scalate “ostili”, in Francia e Spagna un certo fermento c’è. Rastar ha appena incrementato la sua quota nell’Espanyol con un aumento di capitale, presto il Celta Vigo dovrebbe passare a Citic Group. In Francia il Nizza di Balotelli è da qualche mese a guida cinese (con gli americani in minoranza) ma il progetto più importante è quello del Lione: IDG Capital Partners si è assicurata il 20% del gruppo per 100 milioni, utili per abbattere i debiti. VALUTA E CONVENIENZE La spinta esterofila è stata suggerita dal governo, desideroso di primeggiare nel calcio. Però le motivazioni sono anche più veniali, come argomenta Ning Mao, docente di economia alla Nanjing University Business School: «Il mercato cinese è immenso ma in futuro non è prevista una grande crescita, da qui le attenzioni verso l’estero. Il valore del renminbi è destinato a scendere, se adesso si acquistano asset occidentali sarà un buon affare una volta la nostra moneta calerà. Ci sono ricchi che hanno soldi da spendere e che cercano nuove strade per fare business. Considerato che anche un settore come l’edilizia è dato in rallentamento, il calcio è considerato strategico per gli investimenti». ESEMPIO XIA C’è grande mobilità di capitali. E lo dimostra pure la parabola di Blackbridge Cross Borders, società di consulenza inglese che ha aperto uffici a Hong Kong tanto da diventare un punto di riferimento in Asia. «I cinesi sono persone appassionate di calcio – dice Karl Sharman ­ ma anche abili negli affari, si fanno affiancare da persone con la giusta esperienza nel calcio europeo per ottenere il miglior successo possibile in campo e fuori dal campo. Credo che abbiano ancora molto da imparare, visto che le squadre di calcio sono un investimento a tempo pieno, ma è essenziale che gli investitori cinesi camminino mano nella mano con i loro club, crescendo assieme, come sta facendo Tony Xia nell’Aston Villa». Anche gli advisor di Blackbridge sono convinti che le prossime acquisizioni avverranno in Premier League. E la Serie A? «Dopo le squadre milanesi, nel 2017 potrebbero esserci altri investimenti ma l’interesse è circoscritto a un numero selezionato di società». Genoa e Sampdoria tra le potenziali indiziate”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.

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Redazione Ilovepalermocalcio