Gazzetta dello Sport: “Spagna, dicci tu che Italia sarà. Da una big all’altra, Conte va a caccia di gol e risposte: siamo già squadra?”

“Dall’amichevole col Belgio di novembre alla Spagna oggi, con il tragico filo conduttore degli attentati che sembrano affiancare i grandi eventi sportivi. Da una favorita dell’Europeo a un’altra, senza contare che la terza grande, la Germania, sarà la prossima sfidante. Più allenanti di così le «amichevoli» non potevano essere. Ne soffrirà il ranking Fifa, se dovesse andar male, ma il male è necessario per prepararsi alla Francia. Giocare con Bielorussia e Lussemburgo avrebbe probabilmente regalato coefficienti ma illusioni pericolose. Meglio guardare la realtà in faccia. E capire se, e quanto, è ampio il gap con le più forti d’Europa. Noi, in teoria, siamo in seconda fascia. K.O. IN BELGIO MA… L’1­3 in Belgio non può essere letto solo in negativo. Una squadra fatta e finita, una generazione arrivata all’età della maturazione tutta assieme, pronta al grande risultato. Contro un’Italia da lavori in corso ma che, tra ottobre e novembre, ha dimostrato che il lavoro fatto con continuità porta a risultati. Conte è un allenatore top, anche se ormai a tempo (nella speranza che questo dia la carica): si è visto dagli schemi eseguiti, dal giro palla veloce che diventava verticalizzazione a sorpresa, dagli scambi di prima nella trequarti a «tagliare» la difesa, dai cambi di fascia a memoria. E dalle incursioni in zona gol. Per un’ora abbiamo messo alle corde il Belgio, poi abbiamo pagato crollo fisico e inesperienza contro rivali dalla cifra tecnica più alta. Ma ora sappiamo che possiamo competere. COMPLICAZIONI SPAGNA Contro la Spagna è, prevedibilmente, tutto più complicato. Non li battiamo in gara ufficiale dal 1994, e in questi 22 anni abbiamo vinto solo un’amichevole con Prandelli. In compenso, l’eliminazione di Donadoni (ai rigori, per paura di osare) nel 2008 e poi l’Euro 2012. In finale fu 0­4, ma l’Italia non era in campo. Nel gruppo, con la difesa a tre, e una Spagna in pratica senza attaccanti, meglio noi: dentro Torres, altra storia e 1­1. Questa Spagna è diversa, prevede attaccanti veri come Morata e sembra irraggiungibile nel possesso a c e n t r o c a m p o . Non c’è più Xavi a gestire la manovra, e Xavi non ha erede. Non ci sono Iniesta, Busquets e Diego Costa infortunati. Le loro assenze sono pesanti come le nostre. QUALE MODULO Conte dovrà intasare il centrocampo, zona dove si decide la partita. Chiudersi «alti» come a Bruxelles e ripartire in velocità. Pare sia arrivato il giorno in cui sperimentare il 3­4­3, variabile teoricamente più offensiva del 3­5­2: un modulo che il c.t. ha in testa da mesi per far convivere più esterni possibili, l’unica categoria non in sofferenza. Il problema sono gli assenti: Barzagli, Marchisio e Verratti, più Chiellini, sono l’asse centrale senza il quale il gioco si svilupperà in maniera diversa. Perché Thiago Motta, pare preferito a Jorginho, non è la stessa cosa (è più simile a De Rossi o, per fare un esempio spagnolo, a Busquets). D’altra parte quattro mesi di campionato non hanno consegnato fenomeni al c.t.: dobbiamo «accontentarci» del tuttofare di fascia Bernardeschi, del ritorno del preziosissimo Giaccherini, del gran lavoro di Bonaventura. QUESTIONE INSIGNE Ci sarebbe da aggiungere Insigne,solo che al momento la sua collocazione tattica sembra limitata al 4­3­3 (come per Berardi) e quindi Conte ha qualche perplessità. Mentre per altri il campionato può dire ancora una parola, per Insigne no: il gioco di Sarri è quello e basta. Tocca a lui convincere il c.t. in queste due partite. E poi serve il gol, naturalmente. Dall’attacco non arrivano grandi notizie, con Eder in imbarazzo all’Inter, Pellé che s’è svegliato solo adesso in Premier, Okaka stranamente richiamato all’ultimo per l’infortunio di Immobile, e Zaza abituato ai minuti finali (e preziosi) con la Juve. Non siamo una Nazionale da goleada, non finora almeno, non abbiamo Ronaldo, Morata, o l’abbondanza di Belgio (Lukaku, Batshuayi, Benteke) e Francia (Martial, Griezmann, Giroud, Benzema, Gignac). Non abbiamo neanche un Pogba, non c’è più uno come Pirlo. Ci salva, storicamente, il saper «fare squadra». Spagna delle nostre brame, dicci se siamo tra i più belli”. Questo è quanto scrive l’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.