“Se Marchisio e Verratti non si fossero rotti. Se Pirlo non fosse a stelle e strisce. Se per pochi centesimi fossimo stati testa di serie. Se tra Nazionale e club ci fosse stata collaborazione. Se Conte avesse avuto più del 40% scarso di selezionabili. Se, se, se, è finito il lungo tempo dei «se», due anni soffocanti di complicazioni, com’è inevitabile con la Nazionale. Siamo al grande giorno, Italia-Belgio finalmente, e mai come oggi abbiamo bisogno di scoprire quanto vale questa Nazionale dopo parole, polemiche e amichevoli fatte apposta per essere ribaltate. Niente di meglio che uno dei pretendenti alla finale per chiarirci le idee, dopo che Svezia e Irlanda si saranno tolte la maschera nel pomeriggio. VICECAMPIONI? Nomi e ranking Fifa alla mano, non ci sarebbe gara: noi squadra normale, Pellè, Giaccherini, Parolo, Eder, loro generazione di fenomeni, Hazard, De Bruyne, Nainggolan, Lukaku, arrivati all’appuntamento della vita. Ma all’Europeo non bastano muscoli e dribbling, servono strategie e storia, e queste le abbiamo nella pelle. Un po’ sfavoriti, sì, e per una volta è meglio così, dopo due Mondiali finiti prima di cominciare, anche se siamo vicecampioni europei: ma chi se lo ricorda. Però è in questi momenti di tregenda, dall’82 al 2006, che l’Italia sa esaltare la capacità unica di fare squadra. 3-5-2, «EDEROSSI»… Conte però ha una Nazionale impoverita da una crisi del sistema, che non ha retto l’invasione straniera, dalla depressione economica, da una fase ciclica negativa. Alla fine ha scelto la soluzione di garanzia, quel 3-5-2 con cui aveva cominciato e che gli juventini hanno chiesto ad Allegri, declinato nel 3-3-4 offensivo e nel 4-4-2 di non possesso. Lavorando con continuità ha dato un’identità e un gioco che non sempre, però, si sono visti. Ha un leader, Buffon. Il ritmo, a volte, è quello basso del campionato. Tentato dall’idea di aggredire gli affanni belgi dietro, sembra poi aver rinunciato agli esterni offensivi, recuperando Darmian a sinistra: lui e Candreva, ha scritto Sacchi, dovranno seguire di più il movimento della squadra. In attacco, fisso Pellè, la scelta sembra caduta su Eder, ieri leader e negli ultimi tempi depresso. Davanti alla difesa degli insuperabili, si spera, De Rossi rimesso a nuovo, altro auspicio. LEZIONE BELGA Sarebbe bello ricominciare da Belgio-Italia 3-1 di novembre, con quello che abbiamo imparato. E cioè attaccarli all’improvviso con cambi di fronte (dal taglio Candreva-Florenzi, passando per Pellè, arriva il gol). Difenderci alti. Non ripetere errori dietro, perché il Belgio, in ginocchio, ha trovato il gol con un’amnesia di Chiellini in area, un passaggio sbagliato di Bonucci in costruzione e un rilancio corto di Candreva. Non è stata la stagione migliore di Hazard, ma le soluzioni abbondano per Wilmots che pensa al 4-3-3: il Belgio fa paura entrando in diagonale. Ed è irriducibile: contro Norvegia, Finlandia, Svizzera, Italia, Israele e Cipro ha segnato 9 gol dopo il 70’. Nel finale ha ancora lucidità e voglia. CONTE IN GOL Non è la prima volta che c’incrociamo all’Europeo. Nell’80 la beffa, lo 0-0 dei fuorigioco ossessivi e del fallo di mano in area di Meeuws, non visto, che spedì il Belgio in finale a Roma. Nel 2000 noi troppo forti, loro eliminati, in un gruppo con anche la Svezia. In quell’Italia c’era Conte e suo fu il primo gol del successo, al debutto con la Turchia (2-1): da allora, vedi tu, alla «prima» non abbiamo più vinto. C’erano anche Totti, Del Piero, Inzaghi, Zambrotta, Cannavaro, Nesta, Maldini, Albertini… Il Belgio invece era piccolo piccolo. La storia s’è capovolta. Ma la storia possiamo essere ancora noi. Da Giaccherini a Parolo, cantava De Gregori, nessuno si senta escluso”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.