“Mister Cento Milioni li batte tutti. Li batte anche grazie ad Aaron Ramsey, che ha la sua dose di sangue blu calcistico, e al podista intelligente Allen. Ma intorno ad Artù Bale e ai suoi cavalieri c’è una serie di calciatori che prima dell’Europeo pochi avrebbero saputo collocare nella mappa del calcio britannico. Per dire: Hal Robson-Kanu è al momento disoccupato, Vokes gioca nel Burnley, non esattamente un club di primo piano. Dall’altra parte le stelline del Belgio e della Premier League. Hazard, De Bruyne, Lukaku, Fellaini: diamanti che alla fine brillano al massimo come zirconi. Finisce a pancia in giù sul prato anche Michy Batshuayi, al quale l’allenatore Wilmots concede qualche minuto sperando nel miracolo, che non arriva. Perché il Galles è una squadra che pratica un gioco chiamato calcio considerato davvero collettivo, mentre il Belgio finisce con un sistema degno di Oronzo Canà, tante pecorelle con le facce abbattute e stanche. Il cartellino di Batshuayi, l’ultimo entrato, è stato pagato quaranta milioni dal Chelsea affamato di rivincite. Con quaranta milioni probabilmente Abramovich avrebbe potuto ingaggiare mezzo Galles. soltanto una banale questione di soldi, ovviamente, e di borsini di mercato. È che mai come in certe partite si capisce quanto il valore di un giocatore non sia a volte solo una questione tecnica, ma lieviti con altre qualità. Gareth Bale si è portato addosso il peso dei suoi cento milioni di valutazione come una condanna all’inizio del suo periodo madridista, poi piano piano è maturato, è diventato uomo squadra e lo ha dimostrato con la sua nazionale. Era quello che veniva criticato dai palati fini di Madrid, bollato come decatleta ingombrante, principale colpevole dei dissapori tecnici fra Florentino Perez e Ancelotti: preistoria ormai. Gareth Bale si è liberato del peso dei milioni a forza di gol e falcate potenti, e ha distribuito la sua ricchezza tecnica a tutti i compagni di una nazionale capace a questo punto del torneo di battere una testa di serie. Ex numero uno del ranking mondiale, il Belgio precipita nella depressione. Gioventù dorata e un pochino bruciata. Facile a impaurirsi, mentre questo Galles sembra non aver paura di niente”.
IL RE “Dove non era riuscita la Svezia di Ibrahimovic, condottiero un po’ vintage, è riuscito il Galles di Bale, che si è immedesimato nel ruolo, dà e non pretende, si prende la squadra sulle spalle senza fare la primadonna, trasporta i suoi compagni fra le prime quattro d’Europa con naturalezza. Compagni, non colleghi, perché è questo lo spirito del Galles, traspare da ogni gesto del suo re e di tutti gli altri. Robson-Kanu il disoccupato per una notte può sentirsi alla pari con le star, anzi più su. Piange Vertonghen, autoazzoppato prima della partita e costretto a soffrire in panchina. Piange disperato per l’occasione persa, perché sa che un’occasione così, con il tabellone stravagante che si era creato, non capiterà più. Piangono di gioia i tifosi con la bandiera del Dragone sulle spalle. Qualcuno ha gli occhi lucidi per la birra, ma la commozione è sincera. Il Galles riesce nell’impresa che non è riuscita alle orgogliose irlandesi e ci riesce perché ha un fuoriclasse equilibrato che sembra non patire mai la tensione, gioca a golf con i compagni, parla con i giornalisti tutti i giorni e tranquillizza gli altri quando l’altezza dell’ostacolo fa spavento. Non ha presidenti che vanno in curva con i tifosi, il Galles, e avendo un certo passato, anche se lontano, non si è attirato battute ironiche sui social. Solo rispetto, che non è più sorpresa. La cooperativa dei normali va avanti e le stelle stanno a guardare”. Questo ciò che si legge sull’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.