“Lamiere accartocciate, sangue e la paura che chissà quando ci lascerà: le immagini che la tv manda senza sosta sono un magnete, tolgono il respiro anche a chi passa da qui per caso. Nella hall dell’hotel Courtyard Marriott di Montpellier si fermano tutti davanti a tanto orrore. Anche Marie, venuta solo a trovare gli amici arrivati per lavoro, lei che appena può scappa verso il Paese che ama: «Conosco l’Italia meglio degli italiani, ma lo sapete che i voli da e per Roma o Milano passavano sempre da Bruxelles?». Ecco, lo scalo sventrato dalla Jihad non è poi così distante da questa placida città francese: lo sanno bene gli azzurri che qui, in un quattro stelle sulla centralissima Place Georges Freche, dovranno alloggiare e raccogliere le forze durante tutto l’Europeo. Niente di più lontano dal resort blindato di Mangaratiba al Mondiale brasiliano: stavolta i giocatori staranno in mezzo alla gente, nel cuore degli uffici e dei negozi. E questo non fa certo fare capriole di gioia ai funzionari del Viminale: le bombe in Belgio hanno subito avuto l’effetto di far rizzare le antenne a chi veglia sulla sicurezza della Nazionale. Per proteggere al massimo questa scatola di vetro, così com’è facilmente attaccabile se qualcuno volesse davvero, verrà ufficialmente chiesto alle autorità francesi di cambiare la morfologia della piazza. Transenne e protezioni all’ingresso ridurranno al minimo il contatto con l’esterno e pazienza per l’entusiasmo genuino del personale dell’albergo. In queste stanze lucide e piene di fiori, lunghi corridoi che gli azzurri impareranno a conoscere, la caccia all’autografo è già iniziata: «Verratti sarà il più ricercato, ma tutti i giocatori staranno in pace e senza rischi reali», fanno sapere dallo staff. Nessuno è tenuto a riferire delle riunioni già tenute con le autorità per questo soggiorno assai delicato, ma di certo la struttura non sarà interamente dedicata alla nostra delegazione: 90 stanze sulle 140 totali, due piani interamente occupati. GIOIELLINO «Ricalibrare» è la parola chiave che piove da Roma e a Montpellier sembrano abbastanza sul pezzo. Le nuove, robuste misure di sicurezza, ancora più alte rispetto a quelle già previste nelle ultime settimane, saranno concordate con le autorità francesi, sindaco in testa. Si chiama Philippe Saurel, transfuga del Psoe e trionfatore con una lista civica di sinistra alle comunali: ha l’ufficio sulla stessa piazza del Courtyard Marriott. Cinquanta metri appena e a giugno potrebbe quasi bussare alla porta di Conte. In questo palazzo modernissimo ecco le solite tre parole che vanno di traverso a chi tanto ci odia: libertè, egalitè, fraternitè. Ma stavolta c’è una triste novità: sventola la bandiera belga a mezz’asta per decisione di monsieur Saurel. «Nessuno è davvero al sicuro nel mondo in cui viviamo», racconta, anche se gonfia il petto quando c’è da difendere il suo gioiellino. «La Francia vorrebbe e dovrebbe essere come Montpellier, accogliente e in lotta per una continua integrazione«, dichiara. E, intanto, dalle tasche tira fuori i suoi portafortuna, una copia mignon della Torah e una del Corano: «Sono i segni di una convivenza possibile e questa città è qui a dimostrarlo». Ce li aveva anche a febbraio, a Palermo, la città con cui ha intrecciato un curioso gemellaggio tutto mediterraneo. Pure al collega sindaco Leoluca Orlando ha raccontato quale è il messaggio che la Francia dovrebbe consegnare al mondo attraverso l’Europeo: «Bisogna resistere, fidarsi di chi ci protegge e fidarsi degli altri. Bisogna vivere». E di vita per la città ce n’è parecchia, tra pinte di universitari e feste Erasmus: ridono i ragazzi nei caffè gioiosi di Place Comédie, qualcuno sogna un ItaliaFrancia per vendicarsi del 2006, mentre una ragazza confessa la passione proibita per «quella faccia da italiano di De Rossi». Qui si organizzerà anche Miss Francia, un eventone nel Paese, ma prima c’è quel fiume azzurro in arrivo d’estate. Per proteggerlo sono state già installate camere di videosorveglianza municipale e più agenti già da ieri sono sparsi nei punti sensibili, a partire dalle stazioni del servizio pubblico e dai luoghi di interesse turistico. A tutto si aggiunge la macchina di sicurezza della Uefa, con un ufficiale di collegamento con la polizia e un altro con la Gendarmerie a coordinare ogni passo e «a evitare possibili criticità». Allo stato, invece, toccherà vigilare su un nervo che da ieri sembra più scoperto: ci sarà sempre una squadra antiterrorismo nell’aeroporto cittadino, agenti scelti ed artificieri pronti all’uso dovesse succedere il peggio. Nei prossimi giorni il sindaco tornerà a parlare del tema col Prefetto da cui, intanto, filtra parecchia cautela: la ferita di Bruxelles è troppo fresca per abbandonarsi nei proclami. Ma dai suoi uffici fanno sapere che «niente sarà lasciato intentato e ogni misura sarà presa per chi vorrà godere di questo grande evento sportivo». MISCHIA E SACCO Il cielo azzurro e il clima tiepido aiutano chi fa jogging vicino al fiume Lez, navigabile in parte, suggestivo per i tanti che si fermano a strappare una foto. Ma la città si nutre di sport ovunque: l’audacia del Hérault Rugby Club nella Top 14, ad esempio, fa palpitare anche il sindaco, un omone che in mischia ci starebbe bene. Ha un sacco da boxe per sfogarsi in ufficio quando capita, ma al calcio ha dato tanto: «In campo ero un combattente e ho perso il ginocchio», sorride, mentre tira su i pantaloni e mostra i segni dell’operazione. Recentemente, la gioia più grande gliel’ha data Giroud prima di trasferirsi all’Arsenal: il suo Montpellier è l’unica squadra che ha tolto un titolo al Paris Saint Germain da quando sono arrivati i denari del Qatar, nel 2012, quando in panchina a Parigi c’era Carlo Ancelotti. Proprio gli impianti della squadra di casa, moderni ed efficienti, hanno portato la Federcalcio ha puntare su questa città. Dall’hotel ogni giorno i giocatori andranno nel vicinissimo Centro sportivo BernardGasset, un complesso ideale per lavorare ad alti livelli e non fare venire i capelli bianchi agli agenti. Transennato e pieno zeppo di vigilanza passiva, dalle telecamere a circuito chiuso a cancelli e tornelli vari, non sembra spaventare i funzionari del Viminale. E non sono rischiosi neanche quei cinque minuti o poco più in bus per arrivare a destinazione: bel vialone, bellissima vista e traffico che verrà adeguato al passaggio giornaliero, con buona pace di chi dovrà andare a lavoro proprio in quel momento. Poi, dentro alla struttura, palestre attrezzate e otto campi da gioco. Sono dedicati a giocatori del passato del Montpellier, uno perfino all’ex romanista Mapou YangaMbiwa, anche se suona vagamente più adeguato quello che porta il nome di Laurent Blanc, indimenticato idolo della tifoseria. In ogni caso, un ambiente assai diverso da quello scelto dalla Svizzera, l’altra squadra dell’Europeo che pianterà le tende in città: loro si alleneranno nello stadio del Montpellier, nel quartiere della Paillade, la zona di massima concentrazione islamica della città. È la periferia più complicata di un’isola felice: «Non è certo un ghetto, anzi anche lì c’è buona integrazione grazie alle giuste politiche messe in piedi negli anni», corregge subito Manuel Fabrice, il capo di gabinetto e uomo ombra del sindaco. Pare che l’edilizia popolare, l’attivismo culturale e la mescolanza di razze abbiano davvero salvato da certe pericolose derive. COME PETRARCA Il Bernard Gasset, austero e funzionale, regala tranquillità anche ai profani del gioco. Poca gente attorno, niente frastuono in un quartiere iperresidenziale. Risalendo in centro, invece, si sente il vociare di una città che un tempo contava cento fontane: dalla Piazza reale, il Peyrou in cui troneggia la statua di Luigi XIV, alla imponenza della Cattedrale di San Pietro. E c’è una lingua che più di tutti si ascolta, visti certi antichi legami: qui, nella capitale della Linguadoca, visse il Petrarca per studiare diritto in ossequio ai dettami del padre. Anche oggi i tanti che parlano italiano sono studenti e ricercatori, poi medici e impiegati in aziende hitech. Spesso si organizzano tramite Facebook, ma a fare da collettore di una comunità di 3 mila persone ci pensa Danilo Faggiano, «un carrarese orgoglioso come Buffon»: dal 1993 ha trovato tra questi viali il suo buen retiro. Impiegato alla Camera di Commercio, imprenditore tra Francia e Costa d’Avorio, persino professore universitario, adesso è diventato viceconsole ad honorem. Da un po’ pensa al benvenuto migliore per la Nazionale, a partire dal Villaggio Azzurro che sarà allestito nel cuore cittadino: «Tutte le associazioni italiane saranno coinvolte, giocatori e tifosi capiranno che qua non c’è da aver paura: è un luogo libero, aperto, agradable come dicono i francesi». È anche la città con il più alto incremento demografico del Paese: per 450 mila residenti lo sbarco dei cugini italiani sarà l’evento dell’estate. «Chi vorrebbe chiuderci in casa, sappia già che ha perso», dice Sami, un ragazzo di origine arabe che serve caffè davanti al Marriott. Proverà a farsi una foto con Buffon, ma una parata non gliela perdona: «Ah se ripenso al colpo di testa di Zizou quella notte a Berlino…»”. Questo è quanto scrive l’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.