Gazzetta dello Sport, prossimo avversario: “Rüdiger & co. C’è una Roma che non è più di contorno”

Vedrai che va a finire così. Perché il «rischio» di un articolo del genere è che parta in un modo, ovvero l’elogio per due contorni diventati primi piatti come William Vainqueur e Antonio Rüdiger, e si chiuda in un altro, con una lode infinita all’uomo che ha riallungato la Roma, Luciano Spalletti. Ma in fondo val la pena correrlo, questo rischio. Perché è proprio così. Perché se il concetto vale per Zinedine Zidane e il Real Madrid tutto — «non si vince un trofeo se non si coinvolge tutta la rosa» — non si capisce perché non possa valere per la Roma. E per un tecnico che ha riazzerato i cervelli dei giocatori, spiazzati dalle ultime settimane di gestione tecnica di Rudi Garcia, incartati intorno all’alibi di una condizione fisica che sì, non sarà stata ottimale, ma certo non deficitaria al punto di giustificare due mesi di nulla, di vuoto assoluto. Tabula rasa, punto e a capo: qui si corre, qui o si riparte o il fallimento è generale, ha fatto e detto Spalletti. L’INVESTITURA DI LÖW Discorso, questo qui, che ha toccato le corde di un gruppo tornato ad affrontare la Champions senza avere nella testa il ricordo di figuracce come Barcellona e Bate Borisov, per citare solo quelle della stagione attuale. Spalletti ha premuto il tasto giusto, specie per chi come Vainqueur e Rudiger in questa Roma e in questi mesi si gioca tanto, si gioca la bilancia di una carriera: di qua o di là? E i due sembravano destinati di là: mani nei capelli se non era la panchina, la panchina per evitare le mani nei capelli. Prendi Rüdiger, il cui rendimento ha di sicuro avuto un’impennata. Per carità, non c’è la perfezione. E lo sciagurato intervento su Mbakogu contro il Carpi ha avuto il solo pregio di non risultare decisivo ai fini del risultato. Ma intanto il tedesco ha dimostrato di saper fare anche altro: il terzino destro, come nella fase finale del match con il Real, se non addirittura l’esterno a destra di una difesa a cinque contro il Frosinone. All’Olimpico è cambiata l’aria intorno a lui. I mormorii a ogni suo intervento sono oggi diventato oooh di ammirazione per un anticipo azzeccato o un centravanti sovrastato fisicamente. È un paradigma, Rüdiger, di quello che Spalletti è riuscito a fare fin qui con la Roma. È una prova delle prove: con un addestramento costante e incisivo, un difensore può migliore. Florenzi, per esempio, può pure imparare a fare il terzino destro. E Rudiger può provvedere a limitare gli eccessi di esuberanza, come ha spiegato anche il c.t. tedesco Löw, due sere fa all’Olimpico e ieri in visita a Trigoria: «Antonio ha grandi potenzialità, ampi margini di miglioramento. È cresciuto molto negli ultimi 4-5 mesi alla Roma e potrà continuare a farlo con un tecnico come Spalletti che gli indica la strada da seguire». DE ROSSI OUT Strada che ha imboccato anche Vainqueur, per il quale basterebbe citare un solo dato: in quattro mesi e mezzo con Garcia è partito titolare solo quattro volte, di cui una con lo Spezia e una nella figuraccia di Borisov, quando fu sostituito al 39’ del primo tempo come fosse l’unico colpevole della bambola che la Roma stava subendo dai bielorussi. La musica ora è cambiata: delle 7 gare dell’era Spalletti, il francese è già partito dall’inizio 3 volte, Juventus, Carpi e Real Madrid, un mix di alto e basso che fa rima con fiducia. Peraltro destinata a perdurare, se è vero che De Rossi ha accusato un nuovo problema muscolare al polpaccio: oggi gli esami strumentali, l’azzurro rischia 20 giorni di stop. Corre invece Vainqueur, il motore a cui Spalletti ora sente di affidare la Roma: gli manca un po’ di velocità di esecuzione, chissà se è anche un fatto di esta. Se così fosse, c’è da giurarci che Spalletti proverà a grattare anche su questo difetto. Perché con lui — questa è ora la forza della Roma — (quasi) tutti sentono di avere la possibilità di venir fuori. Non c’è più il mondo sommerso, a Trigoria.

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Redazione Ilovepalermocalcio