“Verso il Milan, cercando di capire come evitare la quinta sconfitta consecutiva e se la fiducia a De Zerbi è davvero così incondizionata, oppure è a tempo. Cinque giorni in cui provare a dare la svolta verso una sfida che per il Palermo si preannuncia come un’altra montagna da scalare. La partita persa col Cagliari ha ribadito gli aspetti negativi, ma ne ha evidenziato altri che potrebbero rappresentare le basi sulle quali costruire un risultato positivo. È chiaro che provare a edificare su fondamenta friabili è complicato. CHE COSA NON VA In questo momento l’anello debole della catena rosanero è la fragilità mentale. Se con Torino, Roma e Udinese la squadra è crollata dopo aver subito gol, con i sardi il problema si è spostato sull’attenzione, perché le due reti incassate all’inizio del secondo tempo sono frutto della disattenzione. Forza psicologica e concentrazione, se vengono meno questi due elementi, è normale che la squadra finisca per incassare tutte questi reti: 13 in 4 partite sono davvero tante, per un dato complessivo di 21 al passivo che dopo la gara dell’altra sera fanno del Palermo la seconda peggiore difesa del campionato insieme al Crotone. Allo stadio Sant’Elia però si è vista la capacità di reagire che era mancata nelle precedenti sconfitte. Il piglio con cui ha giocato la squadra in generale è stato diverso e lo si è visto fina da inizio gara. E probabilmente è stato questo a fare desistere il presidente Zamparini dal sollevare De Zerbi dal suo incarico. I giocatori hanno giocato con la stessa intensità per quasi tutti i 90’. Una caparbietà riaffiorata nel match di lunedì in modo insperato e che probabilmente si poggia su una maggiore convinzione negli schemi dell’allenatore subentrato a Ballardini. CHE COSA VA Perché, volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, l’impianto di gioco ha un canovaccio convincente che porta il Palermo a costruire azioni da gol. Il gioco soprattutto funziona sugli esterni da dove partono le iniziative più interessanti. A Cagliari le occasioni i rosanero le hanno avute. Basti pensare alle due con Chochev ed Embalo, a quella capitata a Aleesami e al gol con il quale Nestorovski ha accorciato le distanze. Già, il macedone, arma in più e limite al tempo stesso. Perché se non segna lui, la porta non la vede quasi nessuno. Dopo i cinque gol dell’attaccante, ci sono solo quelli di Rispoli, Chochev e Quaison. Uno a testa, troppo poco. E qui si potrebbe aprire il discorso sulla qualità di una rosa che ha alternative in attacco e non propone, per esempio, centrocampisti in grado di vedere la porta. A questo va aggiunta anche la scarsa propensione della squadra a provare il tiro da fuori. Il Palermo, quindi resta aggrappato al macedone, in attesa di rialzarsi dal lettino dello psicologo e riscoprirsi più sicuro di sé”. Questo quanto si legge su “La Gazzetta dello Sport”.