“«Un unicum», dice il pubblico ministero Eugenio Albamonte per descrivere l’azione di Daniele De Santis, l’ex ultrà romanista che il 3 maggio 2014 prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina sparò a Ciro Esposito, morto dopo 53 giorni di agonia. «Non ha precedenti nella storia degli scontri calcistici del nostro Paese: mai ci si era fronteggiati con l’intento di provocare ferite mortali». Più che altro, mai era comparsa una pistola. Almeno in strada. Motivo per cui secondo i pm l’ex ultrà romanista merita di essere condannato all’ergastolo («Richiesta sproporzionata e mediatica», commenta il suo avvocato difensore, Tommaso Politi). Ma «un unicum» può rivelarsi anche questo processo: in sei mesi sono stati chiariti tanti aspetti ma non tutti, ed anzi è opinione diffusa, non solo della difesa, che il racconto di quel pomeriggio a Tor di Quinto contenga ancora alcune zone d’ombra. Non così importanti nella valutazione dei pm, che altrimenti non avrebbero chiesto per l’imputato il massimo della pena, oltretutto senza potergli contestare la premeditazione («Non conosceva Esposito, dunque in punta di diritto il bersaglio dei suoi spari era ignoto»), ma «solo» una preordinazione («La valutazione del dolo deve essere comunque massima per il fattore psicologico che ha portato a precostituire e preordinare in tutti i modi una situazione di rischio»). RICOSTRUZIONE E DUBBI Basterà a convincere i giudici popolari della Corte d’Assise di Roma? Nella requisitoria finale di ieri, conclusa – davanti alla madre di Ciro in lacrime – con la richiesta del carcere a vita (che ha scatenato la reazione di De Santis, uscito dall’aula bunker di Rebibbia al grido di «buffoni, me lo do da solo l’ergastolo»), i pm Albamonte e Antonino Di Maio hanno spiegato perché Gastone, il soprannome con cui era conosciuto in Sud e negli ambienti di estrema destra, non merita attenuanti. «De Santis non ha agito da solo ma in maniera preordinata con altri sei individui purtroppo non identificati, con una studiata aggressione al pullman dei napoletani. Ma è rimasto travolto dalla risposta dei tifosi aggrediti che non pensava così numerosi. De Santis ha sparato puntando l’arma contro Ciro Esposito e gli altri napoletani non alla cieca come vuole farci credere. Poteva essere una strage». È questo il piatto forte della requisitoria, condito con quello successivo: «Le prove acquisite dimostrano che De Santis ha esploso i colpi mentre era in piedi e prima di essere ferito – dichiarano i pm –. Ciro Esposito ha fatto in tempo a raggiungerlo al massimo per uno schiaffo». Mentre i suoi compagni, che in base alle testimonianze avrebbero raggiunto De Santis un istante dopo Ciro, devono essere condannati a 3 anni per rissa e lesioni: questa la richiesta dei pm per Alfonso Esposito e Gennaro Fioretti. A parte questo, ci sono altri passaggi poco chiari. I romanisti rimasti senza nome, come gli altri napoletani coinvolti nel pomeriggio di sangue. I guanti di De Santis: li indossava o no? La ferita frontale provocata dal calcio della pistola: prima o dopo aver sparato? DIFESA Nella requisitoria dei pm, poi, non c’è traccia delle conclusioni fornite dalla perizia della difesa curata dall’ex comandante dei Ris di Parma, Luciano Garofano: c’erano altri napoletani sulla scena prima del gruppo di Ciro; l’assalto al bus era già terminato quando si sono diretti verso Gastone; il sangue rinvenuto fuori dal cancello e quello sul cappello di Ciro dimostrano De Santis che fosse già stato ferito, anche con armi da taglio. La stessa tesi, peraltro, avanzata dalla perizia del Racis dei carabinieri. Il 18 maggio toccherà a Politi, il difensore di De Santis, che ha già raccontato di aver strappato la Beretta a un napoletano e aver fatto fuoco alla cieca, per difendersi dall’aggressione. Sentenza il 24”. Questo quanto riporta l’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.