L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sull’intramontabile Zeman.
Se una generazione dura circa 25 anni, il rapporto tra Zdenek Zeman e i suoi ragazzi del Pescara può essere serenamente definito quello tra un nonno e i suoi nipoti. Sono 76 gli anni del boemo, è di quasi 23 anni l’età media della sua sorprendente squadra. Lunedì in diverse parti del mondo è stata celebrata proprio la festa dei nonni e Zeman l’ha trascorsa a modo suo, vincendo una partita pazza contro il Gubbio: avanti 1-0, sotto 2-1, ancora avanti 3-2. Inconfondibile.
Imitazioni Zeman è come la Settimana Enigmistica , è l’allenatore che vanta più tentativi d’imitazione. «Ma sapete perché – si chiede il presidente Daniele Sebastiani – gli altri falliscono? Perché cercano di migliorare quelli che secondo loro sono i difetti di Zeman. E così facendo snaturano il suo gioco. Lui rischia, ma ha coraggio ed è coerente». D’altronde sono 40 anni che propone lo stesso calcio e per qualcuno è diventato una religione. Quel 4-3-3 è un abito mai ritoccato in sartoria malgrado le centinaia di diversi interpreti che l’hanno indossato. Due allenamenti doppi, due al pomeriggio e uno al mattino nella settimana tipo; difesa alta, calcio in verticale, gran lavoro sulle catene esterne.
«Quarant’anni fa era all’avanguardia – racconta il d.s. Daniele Delli Carri – oggi è moderno. La preparazione atletica è la stessa, con i gradoni e il solito gran lavoro, ma con diverse giocate nuove a livello tattico». Tra i tecnici tra i professionisti è quello di più lunga militanza, ha superato mille burrasche e regalato gioie; è diventato idolo a Foggia, ha diviso la Capitale, si merita un monumento a Pescara. Ha scatenato gioie incredibili e fatto arrabbiare, ma come ha raccontato nella sua autobiografia La bellezza non ha prezzo tutte queste emozioni non sono mai apparse sul suo volto. Le ha lasciate ai tifosi. Freddo e distaccato? Solo all’apparenza. Chi ha la possibilità di confrontarsi con lui, conosce un uomo ben diverso. Come i suoi giocatori.