Non è un periodo d’idillio tra l’Italia e l’Europa. In politica, un giorno sì e l’altro pure, assistiamo alle schermaglie tra il presidente del Consiglio, Matteo Renzi e i funzionari di Bruxelles, che ci bacchettano e pretendono il rispetto totale delle regole. E’ una battaglia infinita e non si possono fare pronostici sul risultato. Nel calcio le cose non vanno meglio: ripartono le coppe e in quattro partite non raccogliamo nemmeno una vittoria: 2 pareggini e 2 sconfitte, 5 gol subiti e soltanto 2 realizzati. Aggrapparsi alla Juve, che è la nostra rappresentante più forte e scenderà in campo la settimana prossima nell’andata contro il Bayern Monaco, è un esercizio di speranza. La verità è che, purtroppo, anche nel calcio il debito pubblico italiano sta diventando insostenibile. Con l’aggravante che, se i nostri bamboli non si svegliano in fretta, il ranking Uefa peggiora ancora e addio al sogno di portare quattro squadre in Champions League nella stagione 2017-18. La classifica, in Europa, ci vede al quarto posto, impegnati in una disperata caccia all’Inghilterra che ci sopravanza di 3 punticini. PASSATO Il fatto è che, al netto dei numeri e delle statistiche di cui si tiene conto per compilare l’elenco delle partecipanti alle varie manifestazioni, l’Italia dimostra una pericolosa e preoccupante arretratezza tecnica rispetto alle nazioni più evolute. Negli anni Novanta eravamo i padroni del pallone, all’inizio del terzo millennio abbiamo tenuto botta grazie soprattutto al Milan che ha disputato tre finali di Champions League (2003, 2005, 2007), ma da allora in poi è stato il buio assoluto. Il guaio è che il nostro modo di fare calcio, e anche di gestirlo, è superato da tempo, però sembra che nessuno se ne sia accorto. La Spagna, che guida il ranking Uefa, in questo turno ha vinto 5 partite su 5 e non ha subito nemmeno un gol. QUALE IDENTITA’? Se ci mettiamo allo specchio l’immagine che ci viene rimandata non può che farci sobbalzare: 2 punti fatti su 12 a disposizione, 11 tiri in porta fatti contro i 19 degli avversari. Reggiamo il confronto a livello di occasioni create (40 contro 34), di recuperi (197 contro 180) e di possesso-palla (48,2 per le italiane e 51,8 per gli avversari). Il problema è che, da troppi anni, abbiamo perso un’identità di gioco. Il discrimine non è tra calcio difensivo e calcio offensivo, come spesso si vorrebbe far credere, ma tra calcio giocato bene e calcio giocato male. Si può essere belli e vincenti anche se si parte da una tattica che bada più a conservare che a creare: è inutile cercare di proporre manovre stile-Barcellona quando non si hanno in squadra Messi, Suarez e Neymar. I nostri allenatori, a volte, sembra vogliano stupire a tutti i costi, andando incontro a inevitabili cadute. Prendiamo il Napoli, ad esempio: in casa del Villarreal, quarta forza della Liga spagnola, si presenta con cinque titolari su undici. Fuori Higuain, Insigne, Allan, Albiol, Ghoulam e Jorginho. Un azzardo che ha poche giustificazioni: la squadra di Sarri ha giocato contro la Juve sabato scorso, la prossima gara di campionato (al San Paolo contro il Milan) è in programma lunedì sera. A conti fatti c’è tutto il tempo per recuperare. Eppure Sarri rischia e mette in pericolo la qualificazione. DOMANDA Se la Lazio se la cava e tiene aperta la qualificazione, alla Roma, obiettivamente, si può imputare soltanto la sfortuna di aver pescato nell’urna il Real Madrid di quel mostro di Cristiano Ronaldo. Nel 2008, però, e c’era sempre Spalletti in panchina, i giallorossi vinsero il doppio confronto con i Galacticos. Conclusione: loro sono cresciuti, noi siamo calati. La Fiorentina aveva un brutto cliente come il Tottenham, secondo in Premier, non crolla e si aggrappa all’1-1 per il ritorno a White Hart Lane (impresa complicatissima), però anche in questo caso va sottolineato come Paulo Sousa disegni una formazione senza tre titolari: Kalinic, Vecino e Badelj. Domandina: le italiane (il Napoli e la Fiorentina nello specifico) sono tanto superiori rispetto al Villarreal e al Tottenham da potersi permettere un sostanzioso turnover? Secondo noi, no. Logico che, se non dai il massimo (cioè non schieri la miglior squadra possibile), non ottieni il massimo. E così l’Italia scivola sempre più in basso.