Gazzetta dello Sport: “La vedova Raciti in contropiede: «Il Senato inviti me e i poliziotti. Rispetto per le divise». Malagò stupito: «La vicenda si commenta da sé»”.
“Già la cena le era andata indigesta. «Il figlio di Totò Riina a Porta a Porta è stato il primo schiaffo. Non l’ho voluto vedere, per protesta ho spento tutto e sono andata a dormire». Poi, al mattino, anche la colazione le è finita di traverso. «Ho scoperto dai giornali la vicenda degli ultrà in Senato. Quanta amarezza, questo Paese non cambia mai. Ma del resto siamo in campagna elettorale…». UNA PROPOSTA Marisa Grasso è stanca. Stanca di ripetere sempre le stesse cose. Stanca di dover chiedere, ciclicamente, «rispetto per le forze dell’ordine, per gli agenti che tornano dagli stadi feriti, per chi, come me, non ha più un marito e un padre di famiglia». Dal 2 febbraio 2007 la signora Grasso è una vittima delle violenze da stadio. Vedova dell’ispettore Filippo Raciti, rimasto ucciso durante gli scontri tra ultrà del Catania e forze di polizia dopo un derby con il Palermo. Da allora non c’è violenza né sgarbo alle divise che il suo cuore possa tollerare. «Sono vicina a tutti gli agenti e ai sindacati di polizia che giustamente sono rimasti amareggiati. Mi chiedo come sia possibile che un’istituzione come il Senato abbia potuto ospitare al suo interno un dibattito sulle norme di sicurezza a uso e consumo degli ultrà di mezza Italia, tra cui – ho letto – anche quel “signore” (Claudio Galimberti, detto Bocia, leader della tifoseria atalantina, ndr) condannato e sottoposto a sorveglianza speciale». Un insulto alle divise, soprattutto a quelle che operano per l’ordine pubblico negli stadi. «Ed è pazzesco – aggiunge la signora Grasso – che il tutto sia stato fatto con la complicità di parlamentari e senza coinvolgere i rappresentanti delle forze dell’ordine. A questo punto, chiedo ufficialmente agli onorevoli che hanno ospitato gli ultrà di invitare me e i sindacati di polizia a parlare in un altro dibattito delle stesse norme di sicurezza che quelli contestano, così magari ne capiscono l’importanza». STUPORE In un day after all’insegna dell’indignazione, Giovanni Malagò fa onore al suo ruolo di capo dello sport italiano. Toni molto seri, poche parole ma mirate. «Una vicenda che si commenta da sola – dichiara il presidente del Coni –, servirebbe maggiore attenzione soprattutto in alcune sedi istituzionali. Fa stupore che chi è sottoposto a regime di sorveglianza non può entrare in uno stadio e poi…». Già, l’iniziativa era discutibile di suo, ma la presenza (e il lungo intervento) davanti a senatori e deputati di Claudio Galimberti, il capo ultrà dell’Atalanta giù daspato e condannato per lesioni e attualmente sottoposto al regime di sorveglianza speciale per aver minacciato di morte un capo della Digos, le ha fatto fare un salto di qualità, diciamo così. «Noi di solito ci stiamo attenti – aggiunge ancora polemicamente Malagò –, specie quando ci sono elementi di strumentalizzazione a livello politico di questioni che riguardano lo sport». C’ERANO TUTTI A proposito di strumentalizzazioni, pochi e imbarazzati gli interventi politici. Detto che la sala per ospitare la conferenza con gli ultrà è stata chiesta (dal grillino Vito Crimi) all’insaputa del presidente Pietro Grasso, l’imbarazzo nasce dal fatto che più o meno tutto l’arco parlamentare era rappresentato. «Un’iniziativa encomiabile – dichiara il senatore Pd Raffaele Ranucci –, se non fosse che all’incontro era presente Claudio Galimberti, con nove Daspo sulle spalle e il divieto di entrare in uno stadio. Ci auguriamo che non siano questi personaggi a suggerire le politiche per lo sport al M5S e agli altri partiti di opposizione che hanno partecipato all’incontro. Avere dei delinquenti come consulenti non è molto costruttivo», dice in una nota, cui si associano anche i senatori Marcucci e Mirabelli, sempre Pd. Peccato che anche un loro collega di partito, come ricordato ieri da Sel, abbia partecipato alla conferenza, il deputato genovese Mario Tullo. LA DOMANDA Per tutti, vale l’interrogativo sollevato dal Siap di Genova. «È davvero possibile – si chiede il sindacato di polizia del capoluogo ligure – che rappresentati dei cittadini che siedono in un luogo istituzionale abbiano come interlocutore personaggi come il Bocia e che il Parlamento, invece di pensare a quanto ancora va fatto in termini di sicurezza degli impianti, legittimi rivendicazioni che vanno nella direzione opposta?»”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.